AL PRINCIPIO CI FU UN SUONO...
Fin dall’antichità esiste una relazione complessa e articolata tra musica e terapia. Al confine tra il fenomeno puramente naturale e il “sacro”, la musica è sempre stato un mezzo attraverso cui comunicare con il divino e guarire, così, i mali dell’anima e del corpo. Percorriamo, in questa prima parte, alcune tappe fondamentali di questo affascinante argomento.
di Francesca Giomo
Continuiamo il nostro percorso alla scoperta della musica e delle sue infinite potenzialità.

Convinta che la musica sia un’arte, ma che allo stesso tempo la trascenda, vorrei proseguire il discorso iniziato nell’articolo precedente dove si era parlato dei suoni che guariscono.

Tornando indietro nel tempo, possiamo dire che da sempre la musica, a differenza delle altre arti, è quella che si rivolge più direttamente e con maggiore evidenza al “corpo sottile” dell’essere umano e degli esseri viventi in generale. Con corpo sottile intendiamo, in questo contesto, la parte “invisibile”, quella che sottende il corpo, quella che dà forma al corpo, tra cui la parte cosiddetta emozionale.

In molti miti dell’origine del mondo si parla del suono come del principio, addirittura come sostanza originale del mondo e delle sue creature. Ed effettivamente se, secondo teorie della fisica quantistica di cui parleremo in un altro momento, anche il suono è materia, questa intuizione può essere a maggior ragione una realtà possibile.

Questa relazione tra musica e uomo, quindi, va al di là di una relazione tra arte e uomo, penetra con maggiore profondità nel contesto in cui entrambe hanno origine e, forse, arriva in quel misterioso luogo dove va cercata la loro identità.
Non per niente alcuni studiosi ipotizzano l’utilizzo della musica a scopi terapeutici a circa 30.000 anni fa.

Nelle società arcaiche, a partire da quelle sciamaniche, la musica, il canto, il suono, le danze erano considerate un tramite tra il mondo naturale e il mondo soprannaturale.
Quindi il suono era un mezzo attraverso cui accedere a dimensioni altre, fuori o dentro noi stessi.

Ogni rito possedeva un canto, melodie e ritmo che divenivano simbolo stesso di quella particolare attitudine emozionale, scatenata dal momento.
Grande importanza aveva il suono nei rituali a sfondo prettamente terapeutico. Proprio dall’antichità ci arrivano frammenti di testimonianze scritte, in cui si parla della musica come del mezzo attraverso cui accedere alla divinità:

”Nel 3000 a.C. la pratica musicale religiosa che veniva coltivata all’interno dei templi numerici, venne descritta in ogni particolare: i sacerdoti consultavano gli oracoli con l’accompagnamento della lira e intonavano formule magiche durante la somministrazione d sostanze medicinali” (Mc Clellan 1991:144 – 145).

Nell’ambito del Mediterraneo, la musica come terapia venne utilizzata da tutto il mondo latino, dai Greci, dagli Assiro – Babilonesi, fino a inoltrarci in Oriente.
Anche gli antichi ebrei non sfuggirono al tale intuizione, considerando la musica un’ispirazione umana verso il divino e un mezzo attraverso cui chiedere aiuto, guarigione e protezione a Dio.

Interessante la visione cinese della natura della musica. Nel noto libro di medicina cinese, il Nei Ching, l’imperatore Huang Ti, intorno al III a. C., fissò la “struttura originaria della scala pentatonica, mettendola in relazione con i cinque elementi fondamentali: la Terra, l’Acqua, il Fuoco, il Legno e il Metallo. Tale legame aveva le sue basi nella reciproca interazione energetica di suono e dell’elemento corrispondente, fondata a sua volta sulla legge della polarità universale Yin e Yang. Addirittura, in un periodo successivo, sempre i cinesi trovarono una precisa corrispondenza tra 12 suoni, da loro identificati, e i meridiani principali del corpo umano.
Tale relazione facilitava il riequilibrio dello stato di salute, in quanto il suono e la musica, applicati in determinati punti del corpo, facilitavano il flusso dell’energia vitale, sbloccando i punti “energeticamente” deboli.

Anche in India la “dottrina dei suoni” che curano fu approfondita e sperimentata fin dall’antichità, grazie alla medicina tantrica, ancora oggi praticata in alcuni monasteri. Alla base di questo “metodo terapeutico” vi era l’idea del rapporto stretto tra salute dell’uomo e sua perfetta unione con l’universo. Nel momento in cui tali proporzioni, o equilibrio energetico, fossero venute a mancare, potevano essere ristabilite attraverso una musica idonea: ”Gli Yogi regolavano il ritmo della circolazione del cuore e di ogni azione del respiro con l’aiuto della vibrazione, della musica, del tono e del ritmo. Ciò li portava dalle vibrazioni udibili alle vibrazioni interiori e ciò vuol dire: al suono al respiro,che nel linguaggio degli indù sono la medesima cosa. Il nome per il suono e pe il respiro è Sura” (Hazrat Inayat Khan 1931: 132).

Si torna, quindi, al suono come vibrazione pura, le cui frequenze mettono in moto per “simpatia” il punto di un dato organo che si è fermato, che non vibra più, rendendo instabile l’equilibrio dell’intero organismo di cui fa parte.

Nella seconda parte esploreremo il concetto di musico-terapia dai Greci ai giorni nostri.

Fonte e citazioni: Marco Cabutto, La Musicoterapica, 2000, Xenia Tascabili


(24/12/2005)