Se ogni telespettatore potesse scrivere una lettera al Babbo Natale del tubo catodico -ammesso che ce ne sia uno o che sia uno soltanto- avrebbe di sicuro molte cose da chiedere, molte preghiere da fare. Qualcuno vorrebbe vedere le partite senza pagare un centesimo ai canali satellitari, qualcun altro vorrebbe più emozioni, più cinema; altri restano affamati di approfondimenti o coltivano un sentimento nostalgico per qualche vecchio sceneggiato degli anni d'oro, cioè quelli del bianco e nero...
Insomma, non ce ne sarebbe uno soddisfatto, pronto a lasciare la pagina vuota, a consegnare il tema in bianco.
A volte non ci si rende conto che a forza di parlare di ciò che non amiamo, di quello che proprio non vorremmo mai più vedere in tv, continuiamo nostro malgrado a nutrire il mostro, a rafforzare l'oggetto delle nostre critiche. A volte siamo talmente presi dall'insofferenza di chi offende il pubblico sempre sottovalutandolo che continuiamo, invece, a garantirne l'esistenza.
Perché la televisione -ed è questo il suo tranello- sopravvive solo a patto che se ne parli, che se ne discuta, che alimenti conversazioni e maldicenza. Ed è strano constatare come moltissimi fruitori del mezzo televisivo non tollerino proprio i personaggi più in vista della tv. Come è possibile, cioè, che restino a galla e anzi cavalchino da anni la cresta dell'onda giornalisti e showman che il pubblico non ama? Non è forse il telespettatore il vero 'proprietario' del palinsesto, non è lui a decidere in fin dei conti, non è nel proprio telecomando che l'uomo in poltrona trova lo strumento di decisione più sicuro, più immediato, più efficace?
Se sono gli ascoltatori a decidere come mai non sono già spariti dallo schermo molti degli ospiti che ancora lo popolano? Qualcosa non va.
Oppure le cose funzionano esattamente come nel mercato. In quello capitalista, intendo, dove il consumatore 'consuma' molte cose non necessarie e, ancora più grave, cose delle quali non ha mai avuto il desiderio: consuma per abitudine, per assuefazione, per inedia.
Negli anni '90 se ne parlava molto ma oggi non ci si fa quasi più caso: la pubblicità coi suoi consigli per gli acquisti, gli spot, gli slogan d'effetto... tutti avevano una propria opinione -e una fretta di esporla- sulle leggi del consumo e sull'architettura della pubblicità ingannevole, sui suoi meccanismi e sul pericolo di plagio che essa rappresentava. Eppure, nonostante tutto fosse illuminato, comunicato e compreso i supermercati e i centri commerciali hanno continuato a riempirsi sempre di più, a moltiplicarsi, a vendere. I sabati pomeriggio si sono svuotati di appuntamenti e riempiti di offerte speciali.
Anche il pubblico della tv viene, in fin dei conti, trattato come il più comune consumatore... prima diffidente, poi incuriosito, dunque infastidito, infine rassegnato. Continuamente attratto dal menù anche se scarso visto che è una delle ultime cose rimaste a buon prezzo. Non è che il cinema o il teatro o i concerti siano peggiori della televisione -e vengano dunque disertati per una questione di giudizio. E' solo che costano molto di più.
C'è una condizione di sotterraneo, sottinteso ricatto per cui sembra non esserci alternativa. Se non si vuole restare isolati dal mondo bisogna per forza accendere la tv. Per non sentirsi soli al mondo bisogna a volte guardare la tv. Ma non si scambia nessuna opinione con nessuno, non si fanno quattro chiacchiere. A parlare è solo lei, si prende tutto il diritto, tutto il tempo e lo spazio. La nostra vita passa di anno in anno, scriviamo la nostra lettera a Babbo Natale eppure non la imbuchiamo.
Hai visto mai che il desiderio venisse realizzato? E se ci dovessimo poi annoiare anche di quel che vogliamo? Meglio restare con l'idea che noi sceglieremmo la tv di qualità, se solo esistesse; meglio continuare a parlar male della chirurgi plastica, del monopolio dell'informazione, di quanto siano diseducativi i reality che smettere di parlarne del tutto, fare altro, cambiare programma senza cercarne un altro. Uscire, fare due passi, anche un giro dell'isolato. Si vive lo stesso. Proprio come accade senza l'ultima marca di telefonino. E' un momento soltanto, la vertigine... Poi si ritorna liberi.
p.s. E se anch’io parlando male di questo meccanismo avessi continuato ad alimentarne la durata?
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