RECINZIONI
JOHNNY PALOMBA CHI SEI?

JOHNNY PALOMBA

Dopo le comparse-scomparse a “Parla con me”, i passaggi in radio e le letture a teatro, ecco la quarta raccolta di scritti firmati Palomba. Il critico senza volto.

di Claudia Bruno
“Johnny Palomba è nato a Bogotà alla fine degli anni 60. La sua è una vita epica e rocambolesca. E’ ricercato dai servizi segreti di mezzo mondo. E’ stato stunt man, aviatore, domatore di leoni, sommozzatore, supereroe, reporter di guerra, tecnico fastweb.”

Per chi non ne sapesse niente, inizia proprio così l’approccio con questo strano e misterioso personaggio. Una breve biografia sulla bandella rossa del suo quarto ed ultimo libro edito da Fandango. Già, perché il Palomba non è il protagonista di un racconto, bensì l’autore di ‘critiche cinematografiche perimetrali’. Per farla breve, recinzioni. Se il termine sia un malapropismo romanesco o venga usato letteralmente poi, il dubbio è lasciato a noi. Come del resto l’enigma sull’identità di chi scrive.

Fatto sta che dai ‘bassifondi’ della parlata locale romana, è nato un nuovo genere di critica.
La recinzione, appunto. Questa sintesi a prima vista sgrammaticata che sulla carta incolla parole senza quasi lasciare confini marcati tra le une e le altre. Come nel parlato. Come se, a raccontarci del film visto la sera prima, fosse un amico molto vicino, talmente vicino che sembra di sentirlo. E una scrittura che parla a voce, è rara da trovare. Difficile da inventare. Anche nel caso in cui apparisse la semplice registrazione di una realtà.

Quando il Palomba scrive che ‘olivertuis è uregazzino che cuanno era piccolo prima è passato sotto nascala poi arotto trespecchi eppoi iattraversato la strada unsambodromo degatti neri’, non sorridiamo perché non ha rispettato le regole della lingua scritta. Non ridiamo di lui. Come non ridiamo di Valerio Mastandrea, Rolando Ravello, Marco Giallini, Elio Germano se li ascoltiamo leggere il Palomba in teatro, in tv o alla radio. Ma ci lasciamo conquistare da una bella risata spontanea che nasce dentro per la leggerezza con cui la storia ci viene raccontata. Come succede tra le persone vere. Come succedeva.

Il Palomba si diverte prima di tutto. Nel tramutare i titoli. Nell’aggiungere sottotitoli strampalati che racchiudono il senso di una vicenda in quattro parole tragicomiche in rima. Prende gusto persino nella cura delle piccole note esplicative di alcune espressioni un po’ “ermetiche”.

La critica diventa un ri-racconto dell’accaduto. Una traduzione in schiettezza che si beffa dei pregiudizi. Johnny Palomba non si limita a criticare film. Lo fa con qualsiasi cosa. Da Shakespeare ai funerali del Papa, da Giulio Cesare al Sudoku. A volte intercetta addirittura le mail che la gente scrive alla casa di produzione romana, intitolandole semplicemente con una parola, quella che poi non ce la fai più a trattenerti e scoppi a ridere anche se sei da solo.
Stavolta, poi, c’è anche una piccola fiaba in coda. Autoritratto di una società che non sa guardare al di là del suo naso.

Insomma, il Palomba non è un coatto. E neppure un poeta (oppure sì?). Forse è una leggenda popolare o vorrebbe diventarlo. Forse è un mentecatto. Magari è soltanto la semplicità che abbiamo perso e che dovremmo faticosamente ricercare. La sorpresa di trovarsi davanti una persona vera e accorgersi subito dopo che non esiste.


(16/12/2005)