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NON TI MUOVERE: IL LIBRO, IL FILM, LA CANZONE
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MARGARET MAZZANTINI
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di Claudia Bruno
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“Non ti muovere”, un romanzo, un film, una canzone?
E’ sorprendente come forme d’arte all’apparenza distanti, possano incontrarsi nel luogo, piccolo, quasi inesistente di poche, semplici parole: non-ti-muovere.
‘Non ti muovere’, chissà quante volte ci hanno vibrato in testa, tre parole, come corde percosse, confuse nella quotidianità frenetica, nell’inafferrabile scorrere degli anni, nell’inevitabile accadere degli eventi, davanti ad un treno in partenza o alle persone che non vogliamo perdere, a noi stessi o semplicemente davanti al tempo, a cui avremmo voluto urlarle e invece siamo solo riusciti a soffocarle in gola quelle parole, come un bimbo mai nato.
Già, perché quando vai al cinema e vedi un film, finisci di leggere un libro, o ascolti una canzone, te ne stai lì, in silenzio a lasciarti raccontare una storia, al buio, da qualcuno che non vedi, che non c’è. E poi? E poi basta: la storia è finita, si accendono le luci, la musica smette di muovere l’aria, l’ultima pagina ha raggiunto le sue sorelle. Eppure la storia c’è ancora, immobile a ricordarti il suo nome...ma quel nome, quel titolo non te lo spiegherà nessuno se non il desiderio sfrenato di un senso.
“Non ti muovere” è il titolo del romanzo di Margaret Mazzantini, edito da Mondadori nel 2001, vincitore del Premio Strega nel 2002, e da tre anni in classifica nei best-seller tanto da essersi meritato un posto nella collana “I Miti”.
Lei, scrittrice italiana (lanciata per la prima volta come autrice e non più come attrice dal suo precedente libro “Il catino di zinco”), moglie dell’attore-regista Sergio Castellitto, dichiara in un’intervista speciale al “Venerdì” di Repubblica: “A Sergio ho dedicato Non ti muovere, gli ho dedicato anche il primo romanzo. Gli dedico sempre tutto. Durante la stesura di questo libro ho avuto due bambine e i passi di queste nascite hanno attraversato il solco delle pagine, insieme ai passi della mia fetta di mondo, le persone che scruto nelle strade, negli autobus. Perché uno scrittore è un grande occhio che guarda con diottrie scatenate, furiose.”
Ed è proprio Castellitto ad avere intrapreso l’avventura della realizzazione del film “Non ti muovere”, tratto dall’omonimo romanzo e uscito nelle sale venerdì 12 marzo, indossando i panni di sceneggiatore e regista oltre che attore-protagonista. Film la cui colonna sonora porta la firma di un Vasco Rossi più vero di quanto lo sia stato ultimamente: la canzone “Un senso”, contenuta nel nuovo album in uscita ad aprile, sembra portarsi dentro la semplicità e la nostalgia del Vasco anni ‘80.
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Insomma la storia è una sola, i modi di raccontarla sono molteplici.
Timoteo (nel film Sergio Castellitto) è un chirurgo di successo, ha una bella casa, una splendida moglie, Elsa (nel film Claudia Gerini) giornalista spesso fuori per lavoro, sicura di tutto eppure impotente davanti a un matrimonio sgretolatosi all’interno troppo presto, per la solita cecità borghese di fronte alle piccole cose, per l’incapacità di lasciarsi attraversare da esse.
Tutto comincia quando Angela, la figlia quindicenne, fa un incidente con il motorino, cade, sbatte la testa, va in coma e viene ricoverata d’urgenza nella clinica in cui lavora il padre. Timoteo passerà ore ad aspettare fuori della sala operatoria, con la disperazione di un padre che spera ancora, con l’impazienza di un marito che attende il ritorno della moglie partita per Londra, con la tristezza di un amante ferito dalla cattiva sorte. E proprio in quest’attesa infernale (che dura meno di una giornata) Timoteo ripercorre la sua storia, la vera storia, quella di Italia (nel film Penelope Cruz), la donna che ha amato, nei vicoli bui dimenticati dal mondo, ai margini del senso comune, sotto la pioggia di illusioni infrante al suolo della realtà, nella povertà e nello squallore deprimente come l’inizio di questa relazione extraconiugale (una violenza sessuale) e come l’aborto dagli zingari, di nascosto, che ne segna la fine.
E’ una discesa negli inferi, questa storia, forte, vera, in bilico tra la vita e la morte, tra le grandi sofferenze e le piccole gioie, e Timoteo se la tiene dentro, come un figlio, come una vecchia e cara scarpa spaiata che nessuno porterà via.
Ad ogni pagina del libro sembra corrispondere un fotogramma della pellicola, l’immaginazione del lettore coincide quasi perfettamente con l’interpretazione del regista, le parole mute del romanzo sono lunghi silenzi che urlano immagini nel film.
Libro e film allo specchio, insomma, se non fosse per alcune scelte, alcuni dettagli che il regista ha deciso bene di cambiare, giocando sul loro maggiore prestarsi all’arte cinematografica.
Eccoci qua,‘Fine’, titoli di coda, parte la canzone “voglio trovare un senso a questa storia”..
..e a quel signore proprio davanti a noi che si sta alzando in fretta per andare via, prima ancora che finiscano di scorrere i titoli, prima che finisca la canzone, verrebbe quasi spontaneo sussurrargli sottovoce: ‘non ti muovere’.
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(15/05/2004)
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