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L’ORIGINE DELLE RUNE. VIAGGIO TRA I SIMBOLI DI UN ANTICO MISTERO
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“Le Rune troverai, magici segni,
buoni, forti e potenti,
come le scelse il Signor di Magia,
quali li fecero gli Dei propizi,
quali le incise il Principe dei Saggi”.
(Edda, Canto Runico di Odino)
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di Daniel Tarozzi
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Quando sentiamo parlare di Rune, raramente ci soffermiamo sul significato autentico di questo termine, e ancor più raramente ci soffermiamo a riflettere sulle origini storiche di questi antichissimi segni. In realtà su tale argomento ci sono poche nozioni accertate e molta confusione; per ricostruirne la storia, infatti, possiamo solo basarci su reperti archeologi enigmatici e spesso contraddittori.
Le teorie formulate per quanto concerne la fonetica, le origini, la serie e, persino, il loro numero (da 16 a 32) sono molteplici. Di sicuro, le Rune erano considerate alla stregua di veri e propri segni “magici” di potenza e di conoscenza, pur avendo un utilizzo pratico (scrittura). Esse sono visibili ancora oggi sui Dolmen, sui Menhir e sulle costruzioni megalitiche che si trovano sparse un po’ ovunque.
A livello etimologico la parola Runa pare provenga dalla radice indoeuropea “RU”, che significherebbe “cosa misteriosa” o “cosa segreta”. In tedesco antico indicava probabilmente “qualcuno che sa”, intendendo forse una donna saggia o un uomo saggio. Analogamente si attribuisce all’antica parola nordica “Runa” il significato di segreto o mistero. Lo stesso vale per il gallese RHIN e per l’islandese RUN.
In scozzese il verbo ROUN significa “bisbigliare” o “parlare molto e spesso di una cosa”.
Le Rune sono innanzitutto segni di scrittura, lettere, anticamente incise su pietre, che però racchiudono significati nascosti, misteriosi. Sono dei veri e propri arcani. Le scritte più antiche ritrovate risalgono al secondo secolo d.C. (200-220) e sono state rinvenute in Danimarca: è probabile tuttavia che le Rune siano più antiche. Ad ogni simbolo è associato un suono, una sillaba, una lettera dell'alfabeto.
Le radici delle Rune sono connesse con tutti i popoli indoeuropei. L’alfabeto germanico, il celtico, il latino arcaico e il greco ne sono composti; quello fenicio e quello etrusco ne risentono fortemente.
Contrariamente alle lettere dell’alfabeto latino, ogni Runa ha il proprio nome, il proprio significato e le corrispondenti connessioni simboliche e magiche. Alcuni dei nomi descrivono un soggetto della natura (ad es. il tasso, il sole…), altri fanno riferimento a qualità o fatti (gioia, prosperità…).
Inoltre, ogni nome si riferisce a tutto un complesso di concetti e corrispondenze ad esso collegate.
Usando le Rune, singolarmente o in combinazione, gli uomini del Nord studiavano e descrivevano ogni aspetto dell’esistenza umana.
Le Rune, quindi, oltre che come strumento di scrittura, erano anche strumenti di magia, di rituali e predizioni.
Le pietre runiche sono delle pietre di varia grandezza e forma, che presentano iscrizioni redatte, per lo più, da popoli scandinavi e germanici. L'alfabeto runico germanico conteneva 24 caratteri. I primi 6 caratteri danno luogo alla parola "Futhark", oggi normalmente usata per indicare l’alfabeto runico. Quando le Rune cominciarono a diffondersi nel nord dell'Europa, e precisamente in Scandinavia, alcune lettere furono omesse dall'alfabeto che si ridusse a soli 16 caratteri, nel tentativo di ottenere un alfabeto più semplificato. Siamo nel IX secolo d.C.
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Tra le molte teorie sulle origini delle Rune, come abbiamo visto spesso in contraddizione tra loro, una delle più plausibili, che può avvalersi di riconoscimenti archeologici, venne pubblicata nel 1928 da Mastrander e nel 1930 da Amastrong. Secondo questa teoria le Rune deriverebbero dall’alfabeto nord-italico, etrusco. Gli studiosi si basarono sul ritrovamento nel 1926 di 26 elmi di bronzo a Negau, nell’allora impero austriaco. Tali elmi presentano un’iscrizione germanica, in scrittura, però, etrusca (nord-italica): un appello ad un Dio guerriero chiamato Harigast. In effetti parecchie lettere etrusche assomigliano alle Rune. A Kitsebull, in Tirolo, sono state rinvenute delle bacchette con iscrizioni etrusche, che possono essere state usate anticamente come bacchette magiche per scopi divinatori.
È possibile che alcuni simboli, come quelli che si possono vedere ancora oggi sulle pareti rocciose nei pressi di Golling, in Valcamonica e in parecchi altri luoghi alpini, venissero usati per scopi divinatori, ancora prima dello sviluppo dell’alfabeto runico.
La nascita dell’alfabeto runico, comunque, si identifica con alcuni di questi antichi simboli che, successivamente, furono integrati con segni di scrittura derivanti da un alfabeto transalpino. Fu quindi uno dei rari momenti della storia umana in cui sia la parte analitica del cervello – situata nell’emisfero sinistro - che quella intuitiva – situata nell’emisfero destro - reagivano simultaneamente ad uno stesso stimolo: le Rune.
I luoghi di ritrovamento di reperti legati alle Rune sono sparsi per tutta Europa. La serie runica completa più antica di cui si è a conoscenza è stata rinvenuta su una pietra gotica del quinto secolo, a Kilver, nel Gotland, Svezia. Vi è anche un’altra serie antica quasi completa, originaria anch’essa della Svezia, che si trova incisa su un talismano d’oro, risalente alla metà del sesto secolo, rinvenuto a Vadstena, Ockland orientale. Su un pilone di pietra, ritrovato vicino a Breda, nei pressi di Sarayevo, e risalente alla prima metà del sesto secolo, sono conservate 19 Rune. Le prime 20 Rune, in successione corretta, sono invece incise su un bracciale della fine del sesto secolo, rinvenuto a Chiarnai, in Borgogna, Francia.
Le Rune nordiche, oltre che in Scandinavia, in Scozia e sull’isola di Mann, furono utilizzate anche in Irlanda. Recentemente alcuni scavi a Dublino hanno riportato alla luce un pezzo di legno dell’epoca vichinga, con iscrizioni basate sul nuovo alfabeto runico. In occasione della mostra per il millenario della città, nel 1988, questo reperto fu esposto al pubblico.
Nella magia popolare di tutta Europa e sui calendari contadini, noti come Rinustok e Oprimistave, le Rune erano ancora usate fino a poco tempo fa.
L’utilizzo di schegge di legno, sulle quali erano incise simboli divinatori, è documentato già da Tacito nella sua opera Germania, nel 98 d.C. Egli non menziona la parola Runa, offrendo tuttavia una buona descrizione dell’oracolo delle tre Rune. I simboli da lui citati quindi, molto probabilmente, non erano altro che i segni runici. Più tardi Venaintus Fortunatus descrive lo stesso procedimento usando il termine Runa. Come possiamo vedere con Tacito e Fortunatus, fin dai tempi più antichi le Rune erano strettamente connesse con l’oracolo e la predizione. Ancora oggi, in Scozia, per assegnare la terra, vengono utilizzate le Rune: ogni abitante del paese riceve un certo numero di appezzamenti di terreno, i cosiddetti “runnigs”, in base all’estrazione dei “runs”, o appezzamenti, attraverso la quale si determina l’attribuzione di ogni “rig”, o striscia di terra, ad ogni singola persona.
Sul continente europeo e in Inghilterra, l’uso delle Rune diminuì a poco a poco, con l’introduzione dell’educazione di stampo romano, basata su principi religiosi. In particolare durante il Medioevo, quando il Cristianesimo divenne l'elemento culturale dominante nella maggior parte dell'Europa, le Rune caddero quasi del tutto in disuso, tanto che solo in pochi sapevano ancora decifrarle.
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Alcuni gruppi di non cristiani e di pagani, però, continuarono ad utilizzare i simboli runici (ad esempio i seguaci della religione druida). Essi furono però perseguitati dalle autorità cristiane e le loro usanze furono demonizzate. Questo perché le autorità ecclesiastiche, incapaci di comprendere le Rune, le rappresentarono come formule magiche capaci di liberare il potere del demonio.
Nel 1639 anche in Islanda le Rune furono proibite in quanto considerate stregoneria. Il possesso di Rune o la loro conoscenza veniva punito con la morte immediata. I trasgressori venivano bruciati sul rogo. Nel 1681, di fronte al parlamento islandese, venne bruciato vivo Arni Pettursson accusato di possedere pergamene con segni runici.
In seguito quindi, le Rune acquisirono una pessima fama, tanto da essere ancora oggi associate ai fenomeni dell'occultismo e del satanismo.
Nonostante ciò le Rune sopravvissero, specialmente nelle pratiche magiche popolari e come ornamenti protettivi che presto ricoprirono attrezzi, strumenti, barche ed edifici.
Alcuni di tali ornamenti sono ancora oggi in uso come segni propiziatori.
Si persero però le antiche conoscenze sui significati esoterici contenuti in ogni singola Runa. Infatti, i significati profondi delle Rune erano conosciuti solo dai sacerdoti e tramandati di padre in figlio. Quando nel 783 Carlo Magno emise l’editto di Lippe, con il quale si ordinava la decapitazione di 4500 primogeniti delle più nobili famiglie sassoni, un sapere antichissimo andò perso per sempre.
Alla fine del diciannovesimo secolo si diffuse un rinnovato interesse per le Rune, in particolare per i loro aspetti magici. In questa fase ebbe un ruolo importante la nuova serie di 18 Rune di Guido Mosliz. Egli identificò ciascuna delle 18 Rune con una delle 18 formule magiche di Avamal e conferì ad ogni Runa un significato magico.
Quest’opera, di origine moderna, divenne molto popolare nei paesi di lingua tedesca, persistendo fino ai nostri giorni.
Le Rune non apparivano più come aridi e antiquati oggetti di studio, ma come qualcosa di vivo.
Nell’area linguistica tedesca, questa nuova considerazione fu parte di un movimento di ritorno alle radici strettamente connesso con sentimenti nazionalistici.
Le Rune purtroppo vennero poi sfruttate, insieme ad altri segni sacri antichissimi tra i quali la svastica, come simboli politici legati alla propaganda nazista. Spesso furono riportate anche nelle insegne militari. Ciò contribuì pesantemente nel promuovere la reputazione negativa e sinistra delle Rune.
Dopo il crollo del nazismo nel ‘45, ci volle parecchio tempo, prima che alcuni di questi segni, specialmente le Rune sigh e ogal, venissero nuovamente considerate nella loro antica accezione, che nulla aveva a che vedere con la repressione e il terrore nazista.
Un contributo certamente positivo alla reputazione delle Rune lo ha dato l’indiscusso padre della moderna letteratura fantasy, John Ronald Reuel Tolkien, che utilizza le Rune per confezionare mappe e per integrare la grafica delle copertine delle edizioni cartonate dei suoi libri. Tolkien ha usato le Rune per rappresentare la scrittura dei Nani nelle sue storie.
Al di là delle varie teorie sull’origine delle Rune è molto significativo che gli straordinari arcani, rappresentati dagli antichi simboli, siano sopravvissuti nei secoli, passando attraverso momenti di gloria e di infamia, decapitazioni, roghi e molto altro ancora. Sarebbe quindi un vero e proprio delitto lasciarle nuovamente scivolare nell’oblio.
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(24/08/2007)
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