Padape’ , lo chiamano così.
E’ il nuovo lavoro dei Rossomalpelo, gruppo nato tra i vicoli del quartiere romano di S.Lorenzo, grazie alla vena artistica di Sergio Gaggiotti, voce, chitarra e poesia della band già dagli esordi nel 2003, con l’album omonimo “RossoMalpelo”.
Padape’. Come qualcosa che succede all’improvviso. Era fermo lì, poi ti casca dentro. Non tel’aspettavi. Quattro racconti brevi messi in musica. Parole dalla periferia. Questo è Padape’.
Così tra le pagine di “Malaroma”, il nuovo libro di Sergio Gaggiotti pubblicato dalla Nutrimenti e distribuito in tutta Italia da maggio, troviamo il cd con le sue piccole creature, ognuna caduta su sé stessa eppure così indispensabile alle altre. Scene di strada, guardate dal basso.
‘25-12-2002’, in memoria di un corpo nudo sull’asfalto, vittima dell’eroina e dell’indifferenza, si affida ai virtuosismi gitani di Moreno Viglione (grande chitarra entrata ufficialmente nel gruppo in questi giorni), gettandoci in faccia tutta la crudezza di uno stato d’animo.
‘Hula’, già presentata in “RossoMalpelo” e vincitrice del premio del Salone Internazionale del libro di Torino, qui riarrangiata, più parlata, narra di una donna. Una prostituta, sfruttata nel suo intimo che mette al mondo un figlio, un grido di disperazione e disprezzo.
‘Passeggianno pe’ Roma’, nota sorridente, è uno splendido scorcio di città in stile Rossomalpelo, che già con l’interpretazione di ‘Si nun me moro’ avevano dato prova di sensibilità all’arte popolare. La passeggiata romanesca raccontata da Gaggiotti sulle strade improvvisate dal sax di Carlo Conti, passa attraverso gli occhi di chi sa lasciarsi stupire “dar tramonto che more, abbracciannose li tetti e i cuppoloni, e tu, tu pe faje onore, baci la pupa tua e te la strigni ar core”.
‘Q.U.M’., quando uno muore, chiude il cerchio con la stessa tristezza del suo principio ed è forse il brano più autobiografico, una riflessione notturna, unico testimone il vento. Tale vento, tale sax che tutto porta via dissolvendo fino all’ ultima raucedine.
Tra folk, jazz, tanghi popolari, profumo dell’ est, i Rossomalpelo ci cantano ancora il sogno della realtà, sporcandosi le mani nell’imperfezione. Come quando per la prima volta una radio romana li aveva passati di sera anni fa, rompendo il grigiore quotidiano con ‘Kalua’. A molti è successo di voler fermare il tempo, cercare i loro brani autoprodotti annaspando all’ombra della metropoli, sempre pronta ad inghiottire i deboli.
Con Padape’ i Rossomalpelo dimostrano tutta la forza di averci creduto. Sax, chitarre, batteria, basso e voce. Quattro pezzi, la delicatezza di quelle storie che ci leggevano da piccoli, ora intrise di tutta la violenza del vissuto e per questo pronte a brillare di spontaneità dagli angoli bui. Come dal letame nascono i fiori. Come occhi di periferia.
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