AVER AMATO GIORGIO GABER
Cronaca di una serata dedicata a Giorgio Gaber. “Facendo finta di essere sani” anche se lui non c’è più.
di Daniel Tarozzi
Aver amato Giorgio Gaber. Aver ascoltato le registrazioni dei suoi spettacoli. Averlo visto nelle sue ultime esibizioni. E poi averlo perso proprio quando si pensava di averlo finalmente trovato. Questo è quello che devono aver provato tutti quegli “under 30” che, come me, per motivi anagrafici non hanno potuto godere in pieno della sua opera.

A più di due anni dalla sua morte, però, la sua musica e le sue parole, il suo teatro canzone insomma, continuano a vivere nelle case dei privati, ma soprattutto nei teatri. Le persone a lui più vicine, aiutate e stimolate da diverse istituzioni, organizzano infatti frequentemente serate, dibattiti e incontri finalizzati a non far dimenticare la coscienza di un’epoca che Gaber e Luporini, con i loro testi, hanno incarnato.

Ed eccoci al Teatro Eliseo, alle 21 del 16 maggio 2005. Un po’ affannati, perché in ritardo. La sala è gremita. Sembra che stia per iniziare un nuovo spettacolo del Signor G.

Dopo qualche minuto, sale sul palco Curzio Maltese, giornalista di Repubblica a cui il Teatro Eliseo ha chiesto di organizzare un incontro con il pubblico, invitando vari ospiti a raccontare il loro Gaber.

Per primo, interviene il sindaco di Roma Walter Veltroni. Tra gli ospiti troviamo poi Luca Barbarossa che con Vincenzo Mollica ha tenuto una serie di incontri per la promozione de "Il Grigio" nelle scuole superiori di Roma, Fabrizio Zampa, giornalista del Messaggero e grande conoscitore di Gaber, Antonio Albanese noto comico e affettuoso amico di Giorgio Gaber e Andrea Rivera, giovane artista romano già segnalato dal Comitato di garanzia del Festival Teatro Canzone 2004.

Il menù è succulento e lo stomaco comincia a brontolare. Dopo una improbabile versione di “Far finta di essere sani” riproposta da Luca Barbarossa (che poi si farà perdonare con degli ottimi interventi), la serata prende ritmo e si riempie di contenuto.

Per ricordare Gaber, per farlo conoscere a chi non c’era, gli organizzatori hanno scelto la via migliore, forse l’unica possibile: invece di riproporre cover di dubbia riuscita o di lanciarsi in commemorazioni strappa-lacrime, hanno preferito mostrare l’essenza di Gaber.


Gaber attraverso ciò che Gaber amava (la comicità di Albanese, le canzoni di Barbarossa), Gaber attraverso la sua eredità (un ottimo Andrea Rivera, che ha capito che Gaber non si può “e non si deve imitare”, ed ha quindi deciso di tentare una via personale al Teatro Canzone), Gaber attraverso le sue prese di posizioni “scomode” (rappresentate dalle parole di Walter Veltroni, ma soprattutto di Curzio Maltese, come sempre attento e puntuale nei suoi interventi).

Per una volta, una serata che non accontenterebbe tutti gli spettatori di una eventuale diretta tv. Una serata dedicata a Gaber, dove non si ha paura di raccontare quello che Giorgio era, quello che per molti rappresentava, quello in cui lui in fondo credeva.

Un Gaber che vive oggi nelle battute di Albanese, nelle canzoni di Barbarossa, nelle esibizioni di Rivera, ma soprattutto nella memoria, nell’animo, nella coscienza di tutti quelli che nei teatri hanno riso, hanno pianto, ma soprattutto sono cresciuti con lui.

Perché, come ha detto Barbarossa, quando si andava a vedere uno spettacolo di Gaber, si usciva trasformati.

Ora la palla passa a Rivera e a tutte le nuove leve che di Gaber devono prendere lo spirito, la libertà di cui godeva (ben espressa da Fabrizio Zampa), l’originalità di pensiero di un uomo che mai fu personaggio e sempre fu persona.

Una delicata, profondissima persona, che ha cambiato per sempre il modo di far teatro, avendo il coraggio di andare contro tutto e tutti, di gridare tutta la sua rabbia, il suo disprezzo verso le realtà che osservava. Finendo però immancabilmente con il dare una piccola speranza ai suoi spettatori. Un sorriso, un blocco allo stomaco, che ti faceva uscire dal teatro, con una profonda consapevolezza di come le cose non funzionassero. E un’altrettanto intensa voglia di cambiare le cose.

E pensare che c’era Giorgio Gaber…


(17/05/2005)