LA PARTE DELL’ALTRO
UN VIAGGIO NEL PROFONDO DELL’ANIMO UMANO

ERIC-EMMANUEL SCHMITT
EDIZIONI E/O, 2005

Se Adolf Hitler fosse entrato all’Accademia di Belle Arti di Vienna forse la Storia avrebbe preso un’altro corso. Storia di un personaggio odiato e del suo doppio.

di Laura Sarotto
Cosa sarebbe successo se Adolf Hitler non fosse stato respinto alle prove di ammissione dell’Accademia delle Belle Arti di Vienna? Forse la storia avrebbe avuto un corso profondamente diverso.

Eric-Emmanuel Schmitt, uno dei più noti e apprezzati autori a livello europeo, ne ha valutato l’ipotesi e ne ha narrato le vicende. Da una parte ne emerge l’Hitler che tutti conosciamo, dal volto spaventoso, ma profondamente umano nel suo egocentrismo e nei suoi deliri di onnipotenza. Dall’altra nasce un Adolf H. più equilibrato, innamorato dell’arte, avverso a ogni nazionalismo e a ogni estremismo, pittore di un certo talento e bohémien perso nella Parigi anni ’20.

La Storia, quella vera, passa in secondo piano, in favore dei due protagonisti assoluti, che condividono origini e nomi, ma che si rivelano pagina dopo pagina sempre più agli antipodi. Due Hitler, tratto dalla realtà ma romanzato uno, assolutamente inventato l’altro, che si confrontano e si scontrano nell’immaginario del lettore creando sensazioni e sentimenti contrastanti.

Il primo, Adolf Hitler, segue il percorso più o meno noto che lo porterà da orfano, figlio delle violenze paterne e studente mancato, a dittatore. Il secondo, Adolf H., è un uomo che ha avuto la forza e il coraggio di affrontare i propri demoni, grazie anche a uno spassoso intervento della grande novità del secolo: la psicanalisi.

Quasi a dire che c’è del male in ognuno di noi, ma anche del bene; che c’è una certa doppiezza in tutti, ma che, dopotutto, si può scegliere. Se Hitler fosse entrato all’Accademia, probabilmente avrebbe trovato la forza di superare le sue insicurezze (tanto contrastanti quanto indissolubilmente legati alla sua egolatria), di contrarre legami profondi, costruire amicizie e persino relazioni amorose sincere. Sarebbe stato capace di affrontare se stesso e le proprie debolezze.

La Storia ci dice altro, ma a Schmitt piace immaginare. E immagina Adolf H. che sceglie di vivere a Parigi, disgustato dalla guerra del 15-18, per dedicarsi all’arte, che si innamora, che attraversa il periodo della Seconda Guerra Mondiale disprezzando tutto ciò in cui Adolf Hitler, quello vero, crede.

Non un romanzo storico, quindi, anche se dalla Storia pende spunto, né una ricostruzione del Terzo Reich o del genocidio nazista, ma una riflessione profondamente umana sull’umano stesso.

Ironico, acuto, assolutamente intelligente, questo libro conferma ulteriormente (se ce ne fosse bisogno) che Schmitt merita senza ombra di dubbio il rispetto letterario e intellettuale che si è guadagnato grazie a testi come “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano”.

Arte, filosofia, storia si intrecciano continuamente. Un romanzo impegnativo, per il suo contenuto, che evita di scadere nell’ovvio e nel già detto, che mantiene il lettore intellettualmente impegnato senza mai annoiare e senza cadute di stile. Una storia perfettamente costruita su un paradosso, per definizione assurdo, che chiede al lettore di pensare e di non limitarsi a una lettura superficiale.

E alla fine di tutto, quando anche Adolf H. morirà, anni dopo il vero Adolf Hitler, nella normalità di una vita quotidiana, al lettore resta quel dubbio colossale che forse tante volte lo ha inconsapevolmente sfiorato: cosa sarebbe successo se Adol Hitler non fosse stato Adolf Hitler? Cosa sarebbe accaduto al mondo se fosse esistito solo Adolf H.?

Un libro per comprendere (non giustificare) la Storia e la figura del suo personaggio più odiato, per capire che ne “ha fatto di questo ragazzo che in qualche modo mi poteva assomigliare l’uomo a cui non vorrei mai assomigliare”, come ha detto Schmitt in un’intervista, cosa ha trasformato il fanciullo e poi il giovane Adolf in Hitler. Perché “immaginare il virtuale è un buon modo per comprendere il reale”.
Alla fine, dopotutto, la storia è andata come è andata. Ma una questione rimane insoluta. Chi sarebbero i nostri “altri”?


(14/05/2005)