Tutte le mattine più o meno alle otto e per circa un’ora va in onda uno dei pochi casi di giornalismo televisivo in Italia: una trasmissione di servizio, in cui il conduttore pone agli ospiti quelle domande che il telespettatore vorrebbe ma non può fisicamente fare.
La trasmissione si chiama “Omnibus” –che letteralmente significa “per tutti”, quindi di uso pubblico, condiviso- ed è condotta da Antonello Piroso: lui è un comasco, ha una faccia giovanile e gioca al ruolo dell’antipatico senza malizia. Sempre attento a non farsi imbrigliare dalla scaltrezza degli ospiti, dal mestiere dei politici, dalla delicatezza delle questioni più spinose, non rinuncia alla propria intelligenza e nemmeno a esprimerla in modo diretto, anche correndo rischi.
In trasmissione ci vanno tutti, non c’è scrematura a priori. E tutti ci vanno semplicemente, senza scopo –se si potesse dire di qualcuno che ricopre incarichi pubblici o di partito- e senza pregiudizi. Lo studio è essenziale, non distrae l’attenzione da quel che conta: il colore dominante è il rosso e l’arancio, in una tonalità che senza disturbare riesce utile alla concentrazione.
C’è un numero di sedie inferiore a dieci e uno schermo da cui ogni tanto parla l’ospite in collegamento. Una cosa facile, insomma, alla portata di un pubblico che è potenzialmente lo stesso delle altre reti (a cui si rifilano, invece, i soliti tranquillizanti palinsesti mattutini).
Nessuno viene risparmiato, e se qualcosa nel discorso è poco chiaro si chiede spiegazione; e se qualcuno vuol fare il furbo gli si risponde con furbizia adeguata. E se altri sono in difficoltà li si aiuta ad esprimere al meglio i concetti. L’importante è che si venga a capo dell’argomento.
Il fatto d’aver ragione non serve a niente, perché quello che conta è che tutti riescano come possono a dire ciò che credono. E che il lato oscuro risulti più chiaro anche a chi ascolta da casa. Quindi fare giornalismo televisivo si può. Ce lo aveva già fatto capire Giuliano Ferrara –con Otto e Mezzo, sempre su La 7- aggiungendo in dote l’ingombro di una sua provocatoria, romantica personalità.
Perciò non disperiamo.
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