MEG ALL’AUDITORIUM. PROVOCAZIONI DI PLASTICA
Passa anche per l’Auditorium di Roma, nel primo tour da solista, Maria di Donna detta Meg, ex voice dei 99 posse. Voce, immagini ed elettronica.
di Claudia Bruno
Alla batteria acustica ed elettronica e mac Paolo Cucco, alle tastiere e mac Mario Conte, al basso, contrabbasso e synth Alessandro Quintavalle. Voce: Meg.
Inizia così una serata devota alla creatività elettronica e non solo, nella Sala Petrassi dell’Auditorium romano, la più piccola, forse scelta per conferire al tutto un tono intimo ed esclusivo. Un’abitudine ormai, per l’artista partenopea entrata in punta di piedi nel suo spettacolo con le scarpine rosse, il caschetto impacciato, la scollatura dietro che da un pò l’accompagna tra le folle di centri sociali, auditorium e conservatori.

Alle spalle, la proiezione di immagini sarcasticamente chiamate come a colmare la nudità del palco, allo stesso tempo inquietanti nel surrealismo dei disegni fatti di nuvole e cornici, orologi e volti. Così, mentre la vera Meg canta sé stessa su basi pre-registrate, dietro la Meg disegnata e immobile suona con l’archetto una tastiera. Ed è con l’ingresso fantasma degli archi sulla scena, che proiettato compare il bianco e nero quartetto di carta, probabilmente presenza inespressa dell’Architorti Orchestra che ha suonato nel disco.

‘Parole alate’, ‘Olio su tela’, ‘Regno d’acqua’, ‘Elementa’, ‘Sopravvivi’, i pezzi del nuovo album ci sono praticamente tutti. Poi scch – dice – comincia ‘Simbiosi’.
Meg si piega sul suo tamburo, lo percuote rompendo il vetro di freddezza e non partecipazione. In ‘Audioricordi’ suona la clavia accompagnata da carillon. Qui prende forma la messinscena della provocazione di mostrare la plastica nella sua fintezza tutt’altro che estranea alle nostre facciate quotidiane. La bambola ‘bene’ biancovestita, clavietta in mano, assapora il gusto quasi demoniaco di rompere in singhiozzi i lamenti sonori, andare oltre la facciata.

Un tripudio di elettronica che raramente sfocia in musica forse più consona all’ambiente d’ascolto, grazie alla splendida collaborazione di tromba e trombone che accedono alla scena per una ‘Puzzle’ degna di nota e restano per una liberatoria interpretazione di ‘Senza Paura’ (di Toquinho e V. de Moraes) e di ‘Se stasera sono qui’ eseguita solo con voce e fiati.
In ‘Invisible Ink’, poi, i tre musicisti si improvvisano trio-jazz: spazzole, piano, contrabbasso ed una Meg davvero azzeccata.

Ma le sorprese non finiscono. Lei non rinuncia a renderci partecipi dei nuovi arrangiamenti di alcuni pezzi cari al percorso 99 posse: ‘Sub’, ‘Quello che’, ‘Sfumature’, ‘America’…come a sottolineare che nulla è dimenticato, che la dimensione introspettiva dei nuovi lavori non è in grado di cancellare l’attivismo di un tempo.

Se ne va con ‘Comincia adesso’, altro brano folle dei 99, di nuovo sfidando la resistenza degli spettatori impossibilitati nel lasciarsi trasportare dalla tribalità a volte mistica del tutto, costretti a restare seduti sulle poltroncine rosse, nell’immobilità dei corpi e di un ‘guardare ma non toccare’.


(24/04/2005)