Le uniche soluzioni possibili per tale quesito sono, a mio parere, due: la disinformazione e il gusto personale, e tra le due credo sia la prima a guidare la maggioranza delle scelte. Andiamo dunque a scoprire le differenze tra acqua “del Comune” e acqua minerale.
1) Il nome: una distinzione tra le due denominazioni è fuorviante, dal momento che anche quella del rubinetto è a tutti gli effetti “acqua minerale”, cioè proveniente da falde acquifere profonde e arricchitasi, nel suo percorso sotterraneo verso la sorgente, dei sali minerali caratteristici della zona di origine. La differenza tra le varie acque riguarda quindi solo la qualità e la quantità dei sali disciolti.
2) I benefici per la salute: le campagne pubblicitarie ci presentano ogni giorno gli effetti miracolosi dell’acqua imbottigliata, in realtà identici a quelli che può fornirci l’acqua del rubinetto.
L’acqua – quella dell’acquedotto come quella in vendita al supermercato - è depurativa, aiuta la digestione, stimola la diuresi e contrasta la stitichezza, idrata l’organismo – evitando i disturbi dovuti alla disidratazione che colpiscono nella giornata chi beve poco: sensazione di affaticamento, stanchezza muscolare, vertigini, cefalea -, migliora la salute della pelle, aiuta a mantenere il peso forma in quanto riduce l’appetito (spesso si confonde lo stimolo della sete con quello della fame) e, secondo i risultati di recenti studi scientifici, bere più di cinque bicchieri d’acqua al giorno riduce il rischio di infarto, nonchè di insorgenza di cancro al colon, alla vescica e al seno.
3) Le differenze qualitative. La principale classificazione tra le acque potabili è quella relativa al residuo fisso, ossia alla quantità dei sali disciolti (sodio, potassio, magnesio, cloruri, solfati, bicarbonati) che rimangono dopo aver fatto evaporare un litro d’acqua a 180 °C. In base a tale sistema si distingue tra acque: “ricche di minerali”, con residuo fisso maggiore di 1.500 milligrammi per litro; “minerali”, con residuo fisso tra 1.500 e 500 milligrammi per litro; “oligominerali”, con residuo fisso tra 500 e 50 milligrammi per litro; “minimamente mineralizzate”, con residuo fisso al di sotto dei 50 mg per litro.
Si considera ideale il consumo quotidiano di un’acqua oligominerale, con residuo fisso inferiore a 500 mg/l. L’associazione Altroconsumo ha condotto numerose inchieste sull’acqua potabile distribuita dagli acquedotti italiani e nessun campione prelevato dal rubinetto ha mai superato i 700 mg/l, rilevando che tale acqua è quasi sempre comparabile a quella oligominerale e che in ogni caso non vi è alcun fondato motivo per ritenerla meno salutare di quella di “marca”.
Senza contare che la legislazione italiana prevede norme più restrittive per le acque potabili comunali che per quelle commerciali: è consentito infatti alle acque “di marca” di contenere sostanze come l'arsenico, il sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle dell'acqua potabile del rubinetto. Ad esempio l'acqua potabile del Comune non può contenere più di 10µg/l (microgrammi per litro) di arsenico, mentre nella maggior parte delle acque minerali sono contenuti 40/50µg/l di arsenico senza l'obbligo di dichiararlo sulle etichette. E ancora: nelle acque dell’acquedotto sono vietati i nitrati, che indicano la possibilità di inquinamento, mentre per le acque commerciali non vengono presi in considerazione nè segnalati in etichetta.
Nè va dimenticato che le acque “del sindaco” ricevono rigidi e continui controlli pubblici sotto il profilo igienico e del contenuto, mentre i controlli sulle acque commerciali sono effettuati principalmente dal produttore.
4) Miti relativi alle acque in bottiglia. Se non si soffre di patologie particolari, per le quali solo il medico può eventualmente consigliarne un tipo particolare, l’acqua del rubinetto è valida per la salute come e spesso più delle acque in bottiglia.
Molti sono tuttavia i miti relativi all’acqua. Ad esempio gli ipertesi dovranno preoccuparsi assai più del sodio contenuto negli alimenti che non della quantità minima assunta con l’acqua. E comunque va riconosciuto che quella fornita dalla maggior parte degli acquedotti ha valori di sodio contenuti, senza significative differenze rispetto all’acqua in bottiglia.
Un luogo comune relativo alle acque ricche di minerali è che provochino calcoli renali, ma nessuna ricerca scientifica ha mai confermato quest’affermazione. Al contrario è dimostrato che le acque ricche di calcio siano utili per la crescita, così come per la formazione e il benessere delle ossa.
5) E per i bambini? E’ infondata la diffusa credenza di dover utilizzare acqua minerale all’indomani della nascita di un bebè. Scrive in proposito Vincenzo Calia, direttore di “Uppa. Bimestrale per i genitori scritto dai pediatri italiani”: “E vorremmo ancora aggiungere, questa volta da medici che si occupano di salute dei bambini: non esiste l'acqua speciale per i bambini; il latte in polvere si può diluire tranquillamente nell'acqua del rubinetto; e poi, quando il bambino cresce, ancora e sempre meglio la cannella della bottiglia!”
6) Questione di gusto. Se ad allontanarvi dall’acqua dell’acquedotto è un problema di gusto, va ricordato che con una spesa minima è possibile installare un filtro ad uso domestico che eliminerà l’eventuale cattivo sapore dovuto al cloro utilizzato per garantire la purezza dell’acqua: il filtro ha totale efficacia depurativa per il cloro attivo e per eventuali cloroderivati presenti e ripristinerà le qualità organolettiche dell’acqua senza alterarne il contenuto salino; eliminerà inoltre l’eventuale materiale in sospensione dovuto alla distribuzione lungo le tubature.
7) I costi e l’impatto ambientale. Ma allora qual è la vera differenza tra l’acqua del rubinetto e quella in bottiglia? Sicuramente il costo e l’impatto ambientale.
Tutto ciò comporta inoltre un consumo annuo di oltre 7.000 milioni di bottiglie di plastica da un litro e mezzo a livello nazionale e il relativo traffico per trasportarle. Intanto le case produttrici investono 379 milioni di euro in spot pubblicitari (il costo dell’acqua è per le stesse praticamente irrisorio), tra i più segnalati e condannati dall’Antitrust come ingannevoli.
Quindi a pensarci bene investiamo circa 260 euro l’anno a famiglia per comprare acqua, ma in realtà paghiamo la plastica della bottiglia e dell’imballaggio, la benzina del trasporto e la pubblicità per incantarci. Ne vale la pena?
18 Febbraio 2008 - Scrivi un commento
Per quella che bevo invece la faccio bollire e poi raffreddare. Può sembrare laborioso ma una volta che prendi il giro è come qualsiasi altro gesto quotidiano, ed io sono in una routine di vita veloce come tanti altre.
Per le cotture dei cibi (pasta, riso ecc) l'acqua passa comunque dalla bollitura, al tuo piatto, quindi per certi cloroderivati sei a posto. Occorerrebbe forse fare verificare di tanto in tanto la qualità dell'acqua al rubinetto e verificare che sia nella norma.
Da molto tempo a questa parte per gli acquedotti pubblici si usano tubi in polietilene che non aggiunge schifezze all'acqua. Forse se la casa è vecchia e ha tubi di piombo qualcosa rilasciano.
Ciao!
Dan