Le due società si stanno infatti incolpando l’un l’altra degli enormi ritardi: l’impianto Epr (Olkiluoto 3), che doveva essere consegnato nel 2009, non sarà consegnato nemmeno nel 2011, avendo accumulato 3 anni di ritardo nei primi 3 anni di cantiere.
Secondo la CEO di Areva Anne Lauvergon, TVO non ha eseguito le procedure di accelerazione che erano state concordate nel giugno 2008, mentre ha impiegato un anno per l’approvazione dei documenti di costruzione rispetto ai due mesi precedentemente concordati. Per cui Areva ha deciso di chiedere a TVO per via giudiziale 2 miliardi e mezzo di euro.
Inoltre, secondo Areva, TVO pretenderebbe a sua volta dall’azienda francese 2,4 miliardi di euro per il ritardo.
Areva stima che OL3 costerà 1,7 miliardi di euro in più rispetto ai 3,2 miliardi di euro stabiliti da contratto. L’anno scorso ha accantonato riserve per 749 milioni di euro per Olkiluoto 3, che hanno duramente impattato sull’utile di esercizio della società, riducendo il risultato di fine anno del 21%.
Una cosa è certa: comunque andrà a finire, gli ulteriori ritardi e costi peseranno non poco sulla bolletta dei cittadini finlandesi. Secondo la testata finlandese Kauppalehti gli utenti finali finlandesi si accolleranno almeno 3,5 miliardi di euro in più rispetto al passato.
“Su questi aspetti l’informazione in Italia è stata molto carente.- Denuncia Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia- Se si aggiungono le 2100 ‘non conformità’ rilevate dall’Autorità di Sicurezza Nucleare finlandese, il quadro è chiaro: gli EPR costano troppo e per tentare di ridurre i costi anche la sicurezza viene messa in dubbio”.
E a proposito di informazione in Italia, o meglio di disinformazione, Chicco Testa continua la sua opera in tema di nucleare, attribuendo – secondo quanto dichiarato a “Tribuna Politica” – un ripensamento al direttore internazionale di Greenpeace.
Si tratta di una notizia falsa e tendenziosa: Greenpeace può rassicurare Testa, ma soprattutto i circa tre milioni di sostenitori nel mondo, che la sua posizione – e quella del direttore internazionale, Gerd Leipold – resta strenuamente contraria al nucleare. Che qualche persona che ha già lasciato l’organizzazione abbia invece cambiato idea – spesso “grazie” ai fondi ricevuti dalla stessa industria nucleare – non scandalizza nessuno, ma non scalfisce minimamente la nostra posizione.
Testa, come altre persone e organi di stampa, getta fumo negli occhi dell’opinione pubblica per mascherare le debolezze del nucleare e l’inconsistenza degli scenari energetici a esso collegati.
La posizione di Greenpeace, al contrario, è sempre favorevole a una vera “Rivoluzione energetica”, l’unico scenario che – grazie al mix di fonti rinnovabili ed efficienza energetica – può rispondere alle necessità del pianeta e contrastare i cambiamenti climatici. Rispetto a questa soluzione, il nucleare non è altro che una scelta di retroguardia: costosa, pericolosa e inutile ai fini climatici, vista l’esigenza di intervenire oggi e non tra vent’anni.
Greenpeace risponde anche alle polemiche scatenate dalle dichiarazioni di un ex-direttore: "Quella di Stephen Tindale (ex direttore di Greenpeace in Inghilterra) non è la posizione di Greenpeace. Oltre a non aver risolto nesuno dei problemi dalla sicurezza intrinseca alle scorie, dalla proliferazione nucleare ai costi e alla limitatezza della risorsa Uranio, anche raddoppiando il numero di reattori oggi esistente il taglio delle emissioni di CO2 non sarebbe superiore al 5 per cento e occorrerebbe inaugurare un nuovo reattore ogni due settimane. Il nucleare non risolve il problema, aumenta i rischi e assorbe notevoli risorse".
5 Marzo 2009 - Scrivi un commento