Foie Gras: una "prelibatezza" tra atroci sofferenze

A Natale su migliaia di tavole verrà servito il paté d’oca o d’anatra, da molti considerato una vera prelibatezza. Per chi non lo sapesse, il foie gras è il fegato malato di un’oca o di un’anatra che è stata sovralimentata forzatamente, più volte al giorno, per mezzo di un tubo metallico, lungo 30 cm, infilato in gola e spinto con forza giù fino al raggiungimento dello stomaco.

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di Giovanna Di Stefano


Le operazioni di ingozzamento sono praticate in modo violentissimo, provocando numerose ferite interne alla gola e all’esofago degli animali
Il periodo delle Feste porta con sé, come è noto, un incremento dei consumi, un desiderio di spendere e di lasciarsi andare a spese pazze, spesso non troppo “ragionate”, di farsi travolgere la quell’euforia tutta natalizia che ci porta ad acquistare il superfluo, a mangiare più del dovuto, a fare regali inutili, infine a concederci degli ‘sfizi’ e delle prelibatezze culinarie a cui mai penseremmo durante l’anno.

La parola ‘sfizio’ benché porti con sé un’accezione di superfluo, non necessariamente si associa ad una qualcosa di negativo, anzi tutt’altro, come si suole dire: “una volta ogni tanto... almeno a Natale!”

Tuttavia vi sono degli ‘sfizi’ che nascondono realtà inquietanti e altamente immorali tali che se ogni consumatore conoscesse veramente l’origine del loro “sfizio” non esiterebbe a boicottarlo decretando così la fine di un mercato. Una di queste cosiddette leccornie che vengono servite dagli chef durante le feste comandate è il paté di fegato d’oca, ossia quanto di più crudele e atroce un essere umano possa pensare di mettere sulla propria tavola, per di più per “festeggiare”. I banchetti natalizi dovrebbero essere - come del resto ogni nostro pasto quotidiano - una celebrazione di gioia, di vita, di allegria e di armonia con tutti gli esseri viventi. Il patè d’oca è quanto di più lontano possa esistere dai concetti di “amore e bontà” tanto chiamati in causa nel periodo natalizio, in quanto nasconde una pratica barbara che si chiama “ingozzamento forzato”.


Nella maggior parte dei casi si utilizza un sistema pneumatico, che permette di sparare fino a mezzo chilo di cibo in soli tre secondi nello stomaco degli uccelli
Molti ne hanno sentito parlare, pochi sanno di che si tratta, pochissimi hanno visto (bisognerebbe dire: hanno avuto il coraggio e l’onestà di guardare) con i loro occhi quelli delle oche, terrorizzate, martoriate nel corpo e nella mente, nella loro dignità di esseri senzienti, che nulla possono contro lo stato di prigionia e tortura di cui sono vittime.

Il foie gras (termine francese che sta per “fegato grasso d’oca”) è il fegato malato di un’oca o di un’anatra che è stata sovralimentata forzatamente, più volte al giorno, per mezzo di un tubo metallico, lungo 30 cm, infilato in gola e spinto con forza giù fino al raggiungimento dello stomaco. Per costringere il suo organismo a produrre il foie gras, l’animale deve ingerire un’enorme quantità di mais in pochi secondi. Questo comporta l’aumento delle dimensioni del fegato, di quasi di dieci volte superiore rispetto a quelle normali e lo sviluppo di una malattia nell’animale: la steatosi epatica.

Se l’animale cerca di divincolarsi quando il tubo gli viene inserito in gola, o se il suo esofago si contrae per conati di vomito, rischia il soffocamento e la perforazione del collo; l’inserimento del tubo comporta come si può immaginare un dolore acutissimo, provocando numerose lesioni con conseguenti gravi infezioni. Subito dopo ogni sessione di alimentazione forzata, l’animale soffre di dispnea e diarrea, con delle forti e dolorose crisi; l’allargamento del fegato gli comporta difficoltà respiratorie e rende qualsiasi movimento una vera tortura. Ma tutto questo non interessa al produttore: il corpo dell’animale è solo una macchina, un involucro dove far crescere, non importa a quale prezzo, il fegato malato, il foie gras.


Quello stesso fegato che, tagliato in panetti e inscatolato ritroviamo sugli scaffali dei negozi. Sulla confezione nulla che spieghi ciò che è accaduto “prima” di quella scatola (anche una semplice dicitura del tipo: “oche ingozzate forzatamente con un tubo pneumatico”). Nessun cenno a quella pratica barbara che si consuma per mano esseri cosiddetti “umani” tra le pareti di capannoni dove milioni di oche sono stipate e torturate per il capriccio di qualche palato. Nessuno sente i loro lamenti, la loro angoscia e il terrore quotidiano dell’essere ingozzate; tutto viene accuratamente tenuto nascosto e la confezione sullo scaffale riporta solo il disegno di un’oca: bella, sana, a guardarla bene sembra anche felice...

La violenza insita nella produzione del foie gras basterebbe a giustificarne l’abolizione. Per la maggior parte di questi animali il calvario tuttavia non si limita alla brutalità dell’alimentazione forzata: a molti viene amputata parte del becco, senza anestesia, con pinze o forbici, o vengono spennati vivi, più volte, per ricavare le calde imbottiture dei piumini (ne esistono di altrettanto calde in fibra sintetica).

La natura delle anatre è di trascorrere gran parte della loro esistenza in acqua. In questi “allevamenti”, molti volatili vengono invece tenuti prima in capannoni, poi in gabbie dove si feriscono le zampe che appoggiano su una serie di fili metallici. Queste sono così piccole che gli animali non possono nemmeno girarsi su loro stessi, tanto meno assumere una posizione eretta o battere le ali. Quando il fegato “è pronto” vengono appesi a testa in giù per essere fulminati con l’energia elettrica, per poi essere sgozzati. Le anatre femmine vengono invece macellate vive o asfissiate con il gas dopo la covatura, perché i loro fegati non sono adatti alla produzione.

Come può il banale piacere di mangiare un patè giustificare l’imposizione di un’esistenza così orribile ad un essere senziente che, come noi, prova dolore e angoscia? Solo il fatto che appartiene ad un’altra specie ci dà il diritto di rimanere sordi nei confronti della sua sofferenza?


Esistono delle leggi che proteggono gli animali dalle torture e dalle crudeltà. Queste leggi vengono deliberatamente ignorate quando ogni anno 30 milioni di animali vengono utilizzati per il foie gras, soprattutto in Francia, che ne detiene il vergognoso primato. Si dice che la “sofferenza necessaria” è accettabile. In realtà, il consumo di questo prodotto è assolutamente non necessario. Chi avrebbe il coraggio di affermare, in tutta onestà, che non si può festeggiare il Natale senza ingurgitare questo concentrato di sofferenza e immoralità?

La Francia sta pagando a caro prezzo il foie gras, dal momento che è vista come una nazione reazionaria a confronto di quei Paesi che ne hanno bandito la produzione, tra cui da due anni anche l’Italia. Un’usanza barbara come quella di conficcare un imbuto o una pompa pneumatica nella gola di un animale indifeso con una tale violenza (basti visionare il video per capire di cosa si sta parlando: www.stopgavage.com) non può essere considerato accettabile in una civiltà che si vanta di essere portatrice di elevata cultura.

L’OIPA insieme a molte altre associazioni animaliste internazionali, e a molti privati cittadini, ha sottoscritto il Manifesto contro il Foie gras bandito dall’associazione francese Stop Gavage con il quale si insiste sull’ abolizione definitiva dell'alimentazione forzata per la produzione del foie gras, in quanto questa procedura viola le regolamentazioni europee sulla protezione degli animali d’allevamento.

Ne citiamo alcune:

- "Gli alimenti o i liquidi sono somministrati agli animali in modo da non causare loro inutili sofferenze o lesioni e non contengono sostanze che possano causare inutili sofferenze o lesioni." Direttiva 98/58/CE del Consiglio del 20 luglio 1998;

- "Non sono ammessi metodi di alimentazione e additivi alimentari che possano causare stress, lesioni o malattie alle anatre o che comportino lo sviluppo di condizioni fisiche e psicologiche nocive alla loro salute e al loro benessere." Norma CE del 22 giugno 1999 sull'utilizzo di anatre per la produzione di foie gras.

Il Rapporto scientifico della Commissione Europea del 16 dicembre 1998, inoltre, definisce il foie gras come “il fegato malato di un volatile affetto da steatosi epatica”...


Le oche allevate per il foie gras sono confinate gabbie strettissime, con un’apertura che facilita le operazioni di somministrazione del cibo: un tubo di 30 cm. viene conficcato nella gola dell’animale fin nello stomaco
Il sentito invito rivolto ai lettori in qualità di consumatori da parte dei firmatari del suddetto manifesto è quello di riflettere su ciò che si mette nel piatto, di servire l’etica a tavola, e non la crudeltà. Un esortazione quindi a non acquistare e a non mangiare mai il patè di fegato d’oca, facendo presente a chi offre quella che molti ancora chiamano prelibatezza le ragioni del proprio rifiuto. Il rifiuto di nutrirsi della sofferenza di animali innocenti, e di soddisfare un mero piacere del palato al prezzo di una sofferenza che non ha probabilmente eguali nel panorama, desolante, del massacro di animali per il consumo umano.

È impressionante notare come solo togliendo da tutte le tavole qualche sporadico antipasto a base di foie gras (non si parla del piatto principale, ma di un antipasto che potrebbe essere sostituito con innumerevoli alternative, anche vegetali) è possibile mettere in ginocchio un mercato tanto immorale e mettere finalmente la parola fine all’ingozzamento forzato.

21 Dicembre 2008 - Scrivi un commento
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Un lettore ha commentato questo articolo:
28/7/09 11:45, stefy ha scritto:
non ci sono commenti da fare
anzi 1 si vergogniamoci
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