La spiaggia di Kendwa, situata all'estremità nord occidentale dell'isola, è uno dei pochi angoli ancora incontaminati: chilometri di spiagge stupende su cui si affacciano solo alcuni villaggi di bungalow, distanziati gli uni dagli altri. Non ci sono strade; ci si sposta da un villaggio all’altro solo a piedi, camminando sulla spiaggia.
Sembrerebbe tutto perfetto, ma... un altro tipo di manifestazione dell'uomo sta rovinando irrimediabilmente anche questo angolo di paradiso.
Un villaggio turistico a gestione e con clientela esclusivamente italiana sente infatti l'esigenza, in varie ore della giornata, di inquinare acusticamente tutta la costa sparando dai suoi impianti stereo - tenuti ad un volume degno di un concerto rock - i deliri demenziali di un'animazione che si esprime esclusivamente attraverso battute più o meno volgari e canzonette - quasi esclusivamente italiane - degne dei peggiori festival di trent’anni fa.
Ed ecco che - nella notte equatoriale, sotto un cielo tempestato di stelle in cui troneggia la Via Lattea - tutti i granchi, tutti gli animali che di notte abitano abitualmente la spiaggia, tutti i piccoli villaggi costituiti da splendidi bungalow, sono inquinati e soffocati dall'arroganza di chi ritiene che il proprio diritto di fare ciò che si vuole all'interno del proprio villaggio debba potersi espandere indiscriminatamente per chilometri e chilometri.
Parlando con chi gestisce i bungalow ed i ristorantini della zona abbiamo ascoltato risposte rassegnate, tipiche del "pesce piccolo" che niente può fare per difendersi dall'arroganza di chi, con il potere dei soldi, sta distruggendo un altro luogo incantevole.
Questi episodi confermano drammaticamente messaggi come quelli lanciati dalla profezia Hopi e dai Kogi, secondo i quali l'umanità avrebbe imboccato una strada che la vedrebbe completamente indifferente alla sorte del pianeta che la sostiene.
Il problema non sta, infatti, nella scelta legittima che molti individui fanno di divertirsi lasciandosi intontire da frasi volgari e demenziali strillate ad alto volume; il problema è dato dal fatto che queste persone decidono di farlo in un luogo che con tutto questo non ha niente a che vedere.
Ma non è tutto. All’arrivo di un nuovo gruppo di "turisti", si sentiva da chilometri di distanza la voce iperamplificata di chi è incaricato di accogliere i nuovi arrivati spiegare (a quanto pare tristemente ce n'era bisogno) che gran parte del personale che lavorava nella struttura è tanzaniano, africano. A quel punto, ci si sarebbe aspettati un invito a cercare di comunicare con una realtà diversa. Ma ecco la perla finale: l'invito di chi gestiva la struttura é stato, letteralmente, "abbiate pazienza e cercate di insegnare l'italiano alla gente del posto!".
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13 Novembre 2008 - Scrivi un commento
Amo Zanzibar, la frequento da qualche tempo e trovo che sia uno degli angoli ancora intatti o quasi, da preservare con rispetto.
Posso dare un consiglio?
Ho avuto il piacere di conoscere il console italiano a Zanzibar, persona intelligente ed attenta che dovrebbe essere informato di quanto si sta verificando per potere, chissà, fare in modo che siano adottate misure adeguate.