“Tre modi diversi di affrontare lo stesso tipo di tematiche, perseguendo lo stesso tipo di obiettivi”, afferma Maurizio Pallante, presidente e fondatore del MDF. Tre realtà aventi origini diverse sì, ma da sempre accomunate dal desiderio di ricreare una società che vada oltre la forsennata produzione di merci ed il loro frenetico consumo, resi possibili in questi ultimi decenni da una grande disponibilità di petrolio a basso costo.
L’Associazione dei Comuni Virtuosi si occupa prettamente di buone pratiche amministrative, cercando di mettere in rete, anche attraverso il suo “Premio” annuale, le esperienze di tutte quelle amministrazioni che fanno sforzi per rendere più sostenibili la mobilità, la gestione del territorio e dei rifiuti, gli stili di vita e l’impronta ecologica dei loro cittadini. Il Movimento Città di Transizione coinvolge, nelle città interessate, sia la società civile che le amministrazioni in un progetto unitario di progressiva riduzione della dipendenza dalle fonti fossili. Il Movimento per la Decrescita Felice si pone invece l’obiettivo di delineare un progetto politico e culturale che abbia una valenza non solo locale, ma che orienti le attività di chi agisce nel settore industriale, nell’attività politico-amministrativa e di chi vuol cambiare i propri stili di vita.
Le influenze reciproche fra i tre non sono una novità. Cristiano Bottone, uno dei rappresentanti a livello nazionale delle Transition Towns, ricorda che “la prima volta che in Italia si è parlato delle Città di Transizione è stato nel corso di un meeting organizzato dal Movimento per la Decrescita Felice”. Marco Boschini, coordinatore nazionale dell’Associazione dei Comuni Virtuosi, ritiene invece “essenziale, prima ancora che logico, trovare forme di contatto e reciproca contaminazione tra le varie esperienze in campo”. Anche Ellen Bermann, presidente di Transition Italia, sembra soddisfatta di questa “apertura e volontà di permettere la risonanza e la sinergia tra i Movimenti”.
L’obiettivo è stato quello di capire se l’amministrazione stessa era disposta ad intraprendere questo discorso, facendolo diventare uno stimolo per tutta la popolazione. Ma perché proprio Passerano? Non solo per la maggiore fattibilità, dovuta al fatto che ci sono solo 460 abitanti, ma anche perché quella del comune monferrino è un’amministrazione che non rientra nella logica dei partiti, che ha rotto con un passato in cui amministrare significava solo sviluppo urbanistico, mettendosi in un’ottica di tutela ambientale. Passerano amministra coinvolgendo la popolazione. Periodicamente tutta la giunta incontra i cittadini (40/50 abitanti per frazione), diventando così espressione della società civile, con la quale vuole lavorare.
Maurizio Pallante ha fatto la proposta, Marco Boschini l’ha sottoscritta ed Ellen Bermann ha presentato la metodologia di lavoro. Ora sta al comune metabolizzare questo discorso. Un discorso complesso, ovviamente, che secondo il sindaco, Silvana Bruna, richiederà un po’ di tempo per la sua completa messa in pratica. Le premesse sono ottime, ma anche un comune così piccolo ha bisogno di tempo per organizzarsi in modo tale da tradurre in realtà proposte che, comunque, comporteranno grandi ed importanti cambiamenti.
L’amministrazione comunale, vicina ad una scelta definitiva riguardante l’inizio di questo progetto, secondo la metodologia “di transizione” non si limiterebbe più ad assemblee con la cittadinanza fatte solo per la gestione dell’esistente (strade, boschi, acque), ma affiancherebbe alla consultazione della popolazione anche un elemento di progettualità. Per capire insieme come aumentare la propria resilienza, ossia come potersi “difendere” dai grandi cambiamenti in corso, assorbendoli senza subire traumi. Magari anche riscoprendo modi e usi di quando l’economia di questo grazioso villaggio piemontese, e di tutti i paesi italiani, non si fondava sull’abbondanza di petrolio a basso prezzo; di quando anche senza di esso si andava avanti, perché c’era un rapporto di conoscenza con le risorse del territorio che permetteva di utilizzare al meglio la capacità di entrare in relazione interpersonale (anche di solidarietà), affrontando così una serie di problemi oggi apparentemente insormontabili.
Ma sarà davvero possibile diffondere questo tipo di proposte su larga scala, dopo questa prima esperienza piemontese? Maurizio Pallante è ottimista: “La crisi accentuerà questo processo, perché costringerà a rivedere quelli che sono gli attuali stili di vita, sviluppatisi negli ultimi 50 o 60 anni di storia dell’umanità. Siamo immersi in questo tipo di dimensione e convinti che questo sia il modo naturale di vivere, ma storicamente sappiamo che le attuali condizioni sono particolarmente anomale, e molto difficili da riprodurre. Sarà quindi indispensabile scoprire le potenzialità del futuro insite nei modi di vivere di quando non c’era questa abbondanza di fonti fossili a basso costo”.
L’alleanza filosofica e strategica fra i tre Movimenti sta dando i primi risultati. Speriamo che Passerano non rimanga un caso isolato, ma che sia solo il primo tassello di un mosaico di realtà che faranno della svolta epocale che stiamo vivendo il nuovo Rinascimento che, forse in modi diversi, tutti ci auguriamo.
La decrescita felice
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