Il convegno internazionale boliviano, al quale hanno partecipato più di 200.000 persone, ha dichiarato “illegittimo” il documento conclusivo della Conferenza di Copenhagen (il cosiddetto Copenhagen Accord), perché permette ai paesi industrializzati - cioè a coloro che continuano ad inquinare il pianeta - di contrattare la riduzione di emissioni nocive ricorrendo ad impegni volontari e non vincolanti.
La Conferenza di Cochabamba, in maniera condivisa, ha ritenuto inaccettabile il principio che un gruppo ristretto di paesi prenda decisioni su temi come il clima e l’ambiente, che interessano tutti i popoli della terra. I partecipanti hanno risposto al summit di Copenhagen con la stesura dell’Accordo dei Popoli (Acuerdo del los Pueblos ), il documento finale che contiene tutte le proposte condivise emerse dai 17 gruppi di lavoro, e con la redazione della Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra.
L’Accordo dei Popoli parte dal presupposto che, per poter affrontare il problema del cambiamento climatico, è necessario “riconoscere la Madre Terra come fonte di vita e creare un nuovo sistema basato sui principi di : armonia ed equilibro di tutti con il tutto; complementarietà, solidarietà ed equità; benessere collettivo e soddisfazione dei bisogni fondamentali di tutti, in armonia con la Madre Terra; rispetto dei Diritti della Madre Terra e dei Diritti Umani; riconoscimento dell’essere umano per ciò che è e non per ciò che ha; abolizione di ogni forma di colonialismo, imperialismo ed interventismo; pace tra i popoli e con la Madre Terra”.
- il riconoscimento del debito climatico dei paesi ricchi verso i paesi più poveri e il riconoscimento di tale debito climatico come parte di un debito più grande che essi hanno contratto con la Madre Terra;
- l’assunzione di responsabilità, da parte dei paesi industrializzati, delle centinaia di milioni di esseri umani che sono e saranno costretti a migrare a causa del cambiamento climatico;
- il ripensamento dell’agricoltura come produzione sostenibile ed ecologica, secondo i modelli contadini e indigeno-originari, e la tutela della sovranità alimentare, intesa come diritto dei popoli al controllo delle proprie sementi, terre, acque e produzioni alimentari in armonia con la Madre Terra;
- la creazione di un tribunale internazionale per la giustizia climatica e ambientale, al quale partecipino tutti i paesi membri dell’ONU, nessuno escluso;
- la promozione di un referendum mondiale (o plebiscito o consulta popolare) sul cambiamento climatico, nel quale tutti i popoli della terra vengano ascoltati e presi in considerazione, affinché le soluzioni al problema siano condivise.
Ora, l’Accordo dei Popoli è stato appena consegnato alle Nazioni Unite e, nelle prossime settimane, verrà trasmesso anche al governo spagnolo, in quanto presidente di turno dell’Unione Europea. Evo Morales Ayma, accompagnato da una delegazione formata da esperti dei cinque continenti che hanno partecipato alla Conferenza di Cochabamba, ha consegnato a Ban Ki-Moon anche la Dichiarazione Universale dei Diritti della Madre Terra, chiedendone l’applicazione in tutti i trattati internazionali. In essa si richiamano, tra gli altri, i seguenti diritti inviolabili della terra:
- il diritto di vivere e di esistere;
- il diritto di essere rispettata;
- il diritto di rigenerasi secondo la propria bio-capacità e di continuare a farlo secondo i propri cicli e processi vitali, libera da manipolazioni umane;
- il diritto di mantenere la propria identità ed integrità, costituita da esseri viventi tra loro differenziati, auto-regolamentati e inter-dipendenti tra loro;
- il diritto all’acqua in quanto fonte di vita;
- il diritto all’aria pulita;
- il diritto alla salute globale;
- il diritto di essere libera da avvelenamento e inquinamento, da rifiuti tossici e radioattivi.
- il diritto di non essere modificata geneticamente né alterata nella propria struttura, di non subire minacce alla propria integrità o al proprio funzionamento vitale e alla propria salute;
- il diritto ad un risarcimento totale ed immediato dei danni causati dalle attività umane in violazione dei diritti contenuti nella presente Dichiarazione.
Il summit boliviano ha ribadito, inoltre, che la priorità assoluta della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC-COP16), che si svolgerà a Cancún dal 29 novembre al 10 dicembre 2010, dovrà essere la rettifica del protocollo di Kyoto per il periodo 2013-2017, che obbliga i paesi sviluppati a ridurre le emissioni inquinanti di almeno il 50% rispetto ai livelli dell’anno-base 1990.
A conclusione dei lavori, Evo Morales Ayma ha anche dichiarato: “Siamo di fronte ad una battaglia epocale: dobbiamo persuadere i governi dei paesi industrializzati che devono farsi carico della problematica del clima. Se non saremo ascoltati, in ultima istanza, dovremo organizzarci su scala mondiale, per ottenere che le decisioni dei governi e dei popoli di tutto il mondo, nessuno escluso, siano ascoltate e rispettate”.
Per questo motivo, tutte le realtà presenti a Cochabamba si sono date appuntamento in Messico a fine anno, per monitorare da vicino i lavori del COP16 e per riaffermare le istanze contenute nell’Accordo dei Popoli, consapevoli che si tratterà di un passaggio cruciale nel cammino verso la giustizia climatica.
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