Conosciuta anche con il nome di Purbasha e di South Talpatti, quest’isola riusciva dal 2000 al 2009 (ossia da quando si sono iniziati a rilevare via satellite questi “cambiamenti”) a riemergere solo in casi di marea estremamente bassa. La scorsa settimana, invece, Sugato Hazra, direttore della scuola di studi oceanografici dell’Università di Jadavpur, ha affermato al giornale 'Times of India': "Non c’è più traccia dell’isola. Dopo aver studiato le immagini del satellite, ne ho avuto riconferma anche da gruppi di pescatori".
Chissà, forse ciò può avere i suoi effetti positivi, se non altro a livello di diplomazia e di conflitti fra Paesi che, come l’India ed il Bangladesh nel caso di New Moore, si contendono da decenni zone di terra emersa per motivi più o meno validi. "La diplomazia del global warming - afferma ironicamente Beppe Grillo sul suo blog - potrebbe cambiare il mondo. Far scomparire le Falklands per riavvicinare Argentina e Gran Bretagna, sprofondare l'isola Sachalin per evitare ogni tensione tra Giappone e Russia, sommergere Cipro per rasserenare Turchia e Grecia... porterebbe alla riduzione di motivi di scontro fra nazioni.
Sta di fatto che su queste isole, per piccole che siano, spesso vivono delle persone. O nel caso di quella che ora è un’altra no more island, Lohachara, ci vivevano. Sempre Hazra afferma che nessuno viveva su New Moore, mentre nel caso di Lohachara (situata nell’estuario del fiume Hooghly e scomparsa sotto le acque nel 1996) ci vivevano 4.000 persone che, ovviamente, si sono dovute trasferire altrove.
Forse, quando anche le mete turistiche di europei ed americani inizieranno a sprofondare, si inizieranno a prendere sul serio questi discorsi. Ma probabilmente si dovrà aspettare che anche le nostre città (pensiamo appunto a Venezia) debbano subire la stessa sorte. E consideriamo che l’Italia è un Paese con migliaia di chilometri di coste, con molte isole simili a New Moore (l’isola di Montecristo, per esempio, è delle stesse dimensioni). Anche se non c’è bisogno di allontanarsi troppo dalle coste per vedere gli effetti del global warming: basterebbe guardare i nostri ghiacciai alpini (principale riserva di acqua europea) e di come si stanno ritirando di anno in anno.
Ma come fare, quando vertici come quello di Copenhagen si rivelano completamente inutili, o quando lo stesso governo italiano ritiene barzellette la questione dei cambiamenti climatici? Staremo a vedere. Intanto, tornando al Bangladesh, secondo le Nazioni Unite il 17% del Paese sarà sommerso entro il 2050, a causa del climate change. Saranno anche queste barzellette? Speriamo.
Se non interessa la sorte di luoghi (per ora) lontani da noi e dalle persone (ed animali) che ci vivono sopra, dovremmo almeno iniziare a badare a ciò che ci circonda: valutando gli effetti che traffico automobilistico, impianti di riscaldamento, centri urbani congestionati, nuovi strumenti tecnologici di cui si ignorano i danni a lungo termine, devastazione dei suoli, discariche, inceneritori, sostanze nocive utilizzate in agricoltura ecc. hanno su ciò che mangiamo, beviamo e respiriamo. Soprattutto perché altre tecnologie si potrebbero utilizzare già da oggi - ed altri stili di vita sarebbero adottabili da questo stesso istante - con i relativi benefici anche per l’economia, tanto cara a chi di queste 'sciocchezze' non si vuole occupare.
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