I ghiacciai, lo sappiamo, si stanno sciogliendo a livello planetario, ma quelli definiti “tropicali” - la maggior parte dei quali si trova proprio sulle Ande - si stanno ritirando ancor più velocemente. Questi ghiacciai sono situati a grandi altezze, ma a latitudini basse e sono, quindi, particolarmente esposti e sensibili ai cambiamenti climatici.
In Europa e negli altri continenti i ghiacciai accumulano riserve di ghiaccio durante la stagione fredda, mentre i ghiacciai andini immagazzinano neve durante l’estate, quando le radiazioni solari sono al massimo. E a causa dei cambiamenti climatici e del conseguente innalzamento delle temperature del pianeta, i ghiacciai tropicali andini non riescono più ad immagazzinare sufficienti riserve di neve ed il processo di liquefazione dura tutto l’anno.
Il processo di scioglimento dei ghiacciai boliviani sta procedendo più rapidamente del previsto e sta condannando i ghiacciai più piccoli all’estinzione in tempi brevi. I dati relativi al monitoraggio dei piccoli ghiacciai a nord di La Paz evidenziano che il ghiacciaio Zongo si è ritirato di circa 10 metri in 10 anni, perdendo un metro all’anno di spessore, mentre il vicino Chacaltaya (conosciuto per le piste di sci più alte del mondo) ha perso il 40% sia di spessore che di superficie.
Il Chacaltaya, inoltre, è giunto al punto di non ritorno: il ghiacciaio non riesce più ad accumulare sufficienti riserve di ghiaccio, soprattutto nelle parti a contatto con la roccia. Esposte a temperature più elevate della media, le rocce si surriscaldano e agiscono come un “forno” che dissolve la neve, accelerando così il processo di scioglimento. Nemmeno l’inverno 2000-2001, che era stato eccezionalmente nevoso in tutta la regione, è riuscito a contenere la progressiva perdita di massa e di spessore.
A questa velocità, secondo gli scienziati, se le temperature continueranno ad innalzarsi e le precipitazioni a scarseggiare, tutti i piccoli ghiacciai intorno all’area urbana di La Paz scompariranno entro il 2020, generando un’allarmante scarsità d’acqua. L’approvvigionamento idrico di El Alto e di La Paz viene per la maggior parte dai ghiacciai, ma se lo scioglimento della neve è maggiore dell’accumulo, questi perdono massa e non riescono a produrre corsi d’acqua significativi.
Si calcola che un quarto della popolazione dell’area urbana di La Paz non abbia accesso all’acqua. E l’esasperazione porta i residenti ad installare rubinetti abusivi, con il risultato che spesso scoppiano liti per l’accesso all’acqua corrente e, in alcuni casi, anche scontri violenti. La mancanza di acqua è sempre fonte di contrasti, ma per la comunità scientifica internazionale la situazione boliviana è molto preoccupante.
Poiché le cime innevate della Cordillera Real, e in particolare quelle dello Hayuna Potosí, non solo forniscono acqua ad oltre 1 milione mezzo di persone, ma alimentano anche una serie di centrali idroelettriche necessarie a soddisfare i fabbisogni energetici delle due città, il loro rapido scioglimento è direttamente proporzionale all’inasprirsi delle tensioni sociali.
Il governo boliviano sta valutando diverse soluzioni al problema. Una soluzione a breve termine è quella di captare nuove falde sotterranee, ma a lungo termine servirebbero soluzioni più drastiche. Per questo motivo sta prendendo in seria considerazione la possibilità di trasferire una parte della popolazione di La Paz e di El Alto in altre zone del paese.
Ma il governo boliviano non si ferma qui. Come molti paesi in via di sviluppo, la Bolivia paga le conseguenze dell'inquinamento causato dai paesi industrializzati ed è per questo che il presidente Evo Morales Ayma, nel corso della Conferenza Mondiale dei Popoli sul Cambiamento Climatico ed i Diritti della Madre Terra - da lui fortemente voluta e prevista a Cochabamba dal 20 al 22 aprile 2010 - chiederà ai paesi industrializzati di modificare l’attuale sistema economico, che causa danni ambientali e sociali a livello planetario.
All’evento, che nasce come reazione dei paesi in via sviluppo alla Conferenza Mondiale del 2009 a Copenhagen, parteciperanno popoli indigeni e originari, scienziati, governi, attivisti, istituzioni e tutti coloro che si impegnano nella difesa della madre Terra.
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