L'Urlo

Z, l'orgia del potere

Chissà quanti oggi ricordano quel vecchio film di Costa Gravas che narrava il preludio del regime dei colonnelli in Grecia? Se lo chiede il nostro autore Filippo Schillaci che alla luce di una pellicola passata di moda mette in opera la rilettura dei fatti avvenuti all'Università di Tor Vergata nelle scorse settimane. "Ciò che importa - dice - è che quel film dovremmo rivederlo oggi. E dovremmo rivederlo pensando che non parla della Grecia dei colonnelli ma dell’Italia di adesso".

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di Fillippo Schillaci

locandina film tor vergata studenti
Io la mattina di lunedì 15 marzo ero in treno, da qualche parte fra Roma e Milano, ben lontano dalla facoltà di Giurisprudenza di Tor Vergata. Non ho visto nulla di quanto è accaduto
Io la mattina di lunedì 15 marzo ero in treno, da qualche parte fra Roma e Milano, ben lontano dalla facoltà di Giurisprudenza di Tor Vergata. Non ho visto nulla di quanto è accaduto, non potrei mai testimoniare che degli studenti di sinistra che stavano pacificamente distribuendo dei volantini sono stati aggrediti e selvaggiamente picchiati da una quarantina di squadristi fascisti. Se qualcuno desse una versione diversa, perfino opposta (come realmente è stato fatto), non avrei elementi per smentirlo.

Eppure ci credo; credo che tutto sia andato esattamente come quegli studenti hanno raccontato. Anche senza consultare le cartelle cliniche dei quattro studenti finiti in ospedale. Anche senza ascoltare le loro testimonianze. Ci credo perché ho già sentito questo racconto; tutti l’abbiamo sentito, molte volte negli ultimi decenni. E soprattutto l’abbiamo letto sui libri di storia che ci hanno messo sotto il naso ai tempi della scuola.

Perché 90 anni fa è così che è cominciata: con bande di balordi vestiti a lutto che facevano le stesse cose che fanno oggi questi loro degni eredi nell’indifferenza, se non peggio, delle istituzioni e della gente “perbene”. E’ cominciata così, ed è finita con due dittature che hanno appestato l’Europa e una guerra con 50 milioni di morti.

Dubito che quegli studenti abbiano mostrato l’altra guancia; penso che abbiano reagito e che siano stati sopraffatti da gente che in quel tipo di “confronto” era molto più esperta e allenata di loro. Anch’io lo avrei fatto; anche Gandhi lo avrebbe fatto, e in più occasioni fu molto chiaro su questo punto. Ma nulla di tutto ciò autorizza a parlare di rissa, come hanno vergognosamente scritto vari giornali. Nulla autorizza a mettere sullo stesso piano aggrediti e aggressori.

Ma non è finita: il giorno dopo si replica, e di nuovo nella perfetta impunità. Uno studente di sinistra che si sta recando a una riunione del senato accademico di cui è membro si vede sbarrare la strada da numerosi squadristi. Racconta poi di aver avvertito telefonicamente chi era nella sala in cui la riunione era già iniziata e di averne ricavato un’indifferenza totale: la riunione andò avanti lo stesso, come se nulla stesse accadendo.

Il ripetersi degli atti di violenza organizzata nello stesso luogo ad appena 24 ore di distanza è probabilmente l’aspetto più preoccupante della vicenda. Nel migliore dei casi siamo stati di fronte a una totale incapacità delle forze dell’ordine nel tenere sotto controllo la situazione. E questo, ripeto, nel migliore dei casi. Ma comunque siano andate le cose, rimane il fatto di un’assenza totale dello stato, un’assenza che ha l’efficacia di una connivenza. Ed è in ciò che sta la vera gravità di questi fatti. Perché le bande di picchiatori di strada non sono altro che lo spicciolame del fascismo.

Esse non potrebbero esistere senza un altro fascismo, che si muove su gradini più alti, usando, anzi storpiando, i metodi e gli strumenti istituzionali. Anche questa è una storia che ben conosciamo. Perfino questo fascismo incravattato tuttavia non potrebbe esistere se non ci fosse qualcosa di ancora più pervasivo e potente che lo sorregge.

studenti movimento tor vergata univerita
Cosa chiedevano gli studenti di sinistra nei loro volantini?
Ma innanzi tutto, cosa chiedevano gli studenti di sinistra nei loro volantini? Chiedevano che nell’università non fosse consentito l’accesso a gruppi politici di chiara matrice neofascista. Tutto qui. Ebbene, il giorno dopo questi fatti sono stato testimone di una discussione fra una decina di studenti di Lettere i quali vedevano in tale richiesta una manifestazione di scarso spirito democratico. Che c’è di male se i fascisti fanno le loro iniziative nell’università? E la democrazia allora? E poi, gli studenti di sinistra non sono seri; pensate, uno di loro porta all’università un cane.

Trovo sconcertante questa perdita di memoria storica, espressa per di più secondo le modalità di un irresponsabile qualunquismo. Vietare ai fascisti l’accesso all’università: una richiesta che io trovo desolatamente moderata. Durante l’assemblea tenuta, sempre a Lettere, il 18 marzo il prof. Raul Mordenti è stato l’unico a ricordare che qualcun altro, prima degli studenti dei collettivi, aveva assunto posizioni ben più nette.

Questo “qualcun altro” si chiama Costituzione della Repubblica Italiana, quella Costituzione che non a caso proprio i gruppi neofascisti fortemente vorrebbero “riscrivere”. Quella Costituzione nata da gente che era appena sopravvissuta alla più spaventosa guerra della storia umana, di cui proprio i nazifascisti erano stati gli iniziatori, e le cui norme attuative (la nota legge Scelba) a ragion veduta definiscono reato l’apologia del fascismo, considerando tale non solo l’esaltazione «di esponenti, principi, fatti e metodi propri» di esso ma anche il solo compiere «manifestazioni esteriori di carattere fascista».

Ebbene, abbiamo visto in molti la profusione di saluti romani che caratterizzano gli incontri dei gruppi neofascisti, e di elementi tipici dell’iconografia fascista che caratterizzano il loro materiale propagandistico. E quanto ai loro programmi politici, ecco qualche punto tratto dal programma di uno di essi, scelto (non) a caso.

Innanzi tutto, l’idea di uno stato forte, che sovrasti, per fini e mezzi, gli individui che lo compongono: splendida, benché eufemistica, definizione del concetto di dittatura. Nessuna limitazione nel possesso degli armamenti, comprese le armi nucleari. La riesumazione del cadavere della festung Europa, “forte e autarchica”, attraverso la creazione di un “comando strategico europeo”. Ancora in tema di riesumazioni, ecco la “salvaguardia e lo sviluppo delle nostre radici elleno-romane”.

fascismo dittatura
L’idea di uno stato forte, che sovrasti, per fini e mezzi, gli individui che lo compongono: splendida, benché eufemistica, definizione del concetto di dittatura
E poi, un’edilizia pubblica “stile Ventennio” che sostituisca i casermoni “di stile sovietico” progettati da “architetti comunisti”. Il tutto condito dall’esaltazione agiografica della figura di Ezra Pound che aderì al regime mussoliniano “fino a identificarsi con esso” e, tornato in Italia dopo anni di internamento in un manicomio criminale, salutò i giornalisti con un “solare saluto romano”. Può bastare.

Mentre il prof. Mordenti parlava, a poche decine di metri una famigliola brindava e rideva festeggiando non so che, forse una laurea, chiusa nel suo piccolo privato e del tutto sorda a ciò che lì vicino stava accadendo. Ecco, questa immagine mi terrorizza più di un intero esercito di squadristi: è l’immagine del menefreghismo, dell’indifferenza spinta al massimo grado. E’ questa la forza potente e pervasiva di cui parlavo prima e che consente al fascismo, a ogni fascismo, di esistere. La famigliola che si accorge solo di se stessa, gli studenti che si scandalizzano per un cane all’università ma non per quanto è accaduto appena il giorno prima.

Ho già avuto occasione di citare in passato quella frase di non ricordo più chi: perché il male possa agire è sufficiente che chi può fare il bene non lo faccia. Ho già avuto occasione di porre l’accento sulla necessità della responsabilità individuale, del sentirsi sempre coinvolti in prima persona in quanto accade. Lo rifaccio adesso.

Non c’ero quel giorno a Tor Vergata, non conosco gli studenti aggrediti e forse non li conoscerò mai, non c’ero nell’ospedale dove sono stati medicati. Ma sono io che sono stato aggredito e sono io che ho dovuto farmi medicare. Perchè è necessario che ciascuno si senta personalmente coinvolto, personalmente offeso e danneggiato. Quanto sta accadendo in Italia (e nel mondo) ci riguarda tutti. Sta accadendo a noi. Sta accadendo a me. Brecht ci ammonì molto lucidamente a questo proposito: un giorno vennero a prendere gli ebrei e tu non facesti nulla perché non eri ebreo; poi vennero a prendere gli omosessuali e tu non facesti nulla perché ti erano antipatici; poi vennero a prendere i negri e tu non facesti nulla perché non ti riguardava; poi vennero a prendere i comunisti e tu non facesti nulla perché non eri comunista.

Infine vennero a prendere te; gridasti aiuto, ma non era rimasto più nessuno ad aiutarti.

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29 Marzo 2010 - Scrivi un commento
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