Proprio in Islanda, nella regione di Karahnjukar, sta nascendo un faraonico progetto industriale destinato a cancellare per sempre 3000 kmq (circa il 3% dell’intera superficie nazionale)di territorio incontaminato. L’area selvaggia più grande d’Europa, la cui unicità stava per essere universalmente riconosciuta attraverso l’istituzione del più vasto Parco Nazionale del continente, sarà infatti destinata a scomparire nel silenzio mediatico più assoluto, sommersa dalle acque di 3 laghi artificiali e dalle esalazioni venefiche di una colossale fonderia.
Il ciclopico progetto Karahnjukar prevede la costruzione di 9 dighe in terra, fra cui la più imponente d’Europa, una centrale idroelettrica da 690 megawatt ed una mega fonderia in grado di produrre 320.000 tonnellate di alluminio l’anno. Artefici del progetto, con il beneplacito della compagnia energetica islandese Landsvirkjun, ma contro la volontà del 65% dei cittadini islandesi che hanno espresso la propria contrarietà all’operazione, saranno la multinazionale americana Alcoa e l'italiana Impregilo.
Impregilo accusata dall’Associazione ecologista Savingiceland di comportamenti intimidatori nei confronti degli ecologisti e vessatori verso i propri dipendenti, la maggioranza dei quali di nazionalità cinese, polacca e portoghese, ha già incominciato la propria opera di devastazione facendo saltare in aria con l’ausilio di cariche esplosive il più spettacolare canyon dell’Islanda, deviando il corso di 3 fiumi e iniziando la costruzione della diga Karahnjukastifla Dam che con i suoi 193 metri di altezza, 730 metri di lunghezza ed un volume approssimativo dell’invaso di 8,5 milioni di m³ sarà la più grande diga in terra d’Europa.
Il governo islandese ha tentato di creare nel paese condivisione nei confronti del progetto tramite una martellante campagna pubblicitaria mirata a proporre la fonderia di alluminio come una panacea in grado di risolvere i problemi di disoccupazione ed emigrazione che affliggono l’Est dell’Islanda.
L’opinione pubblica islandese sta infatti comprendendo sempre più chiaramente come la ricaduta occupazionale promessa, consistente in 700 posti di lavoro, destinati in larga parte a mano d’opera straniera alla quale verranno corrisposti salari da terzo mondo, non costituisca assolutamente una motivazione sufficiente per giustificare l’avvelenamento dell’aria e dei fiumi, il dissesto idrogeologico e l’erosione che stravolgeranno la morfologia del territorio. La disoccupazione e l’emigrazione continueranno sicuramente a rimanere un problema che semmai risulterà acuito dalla perdita di un patrimonio ambientale unico al mondo.
Nonostante ciò, come sempre più spesso avviene tanto nei paesi cosiddetti “in via di sviluppo” quanto nelle “mature” democrazie occidentali, tutte le decisioni vengono prese passando sopra la testa dei cittadini, senza che venga minimamente rispettata la loro opinione ed anche in Islanda si continua a scavare, spacciando un’azienda fra le più inquinanti ed energivore al mondo come elemento di progresso e sviluppo.
Articolo tratto da "Il Corrosivo", il blog di Marco Cedolin
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