Appena si lascia l’aeroporto e ci si mette in auto si nota subito l’enorme traffico che intasa strade ed autostrade, e che non ha nulla da invidiare a quello di Milano o Roma. Anzi, gli USA sono l’unica nazione al mondo ad avere un numero di automobili pro capite superiore a quello italiano, e si vede. Tuttavia, le amministrazioni californiane stanno cercando di ridurre l’impatto, in termini di emissioni di CO2, di una tale quantità di automobili.
Sempre a San Francisco, infatti, ci sono piste ciclabili in gran parte della città, sono previste corsie preferenziali per le auto ibride o semplicemente con più persone a bordo, e tutti i mezzi pubblici (comprese le famose cable cars) sono a emissioni zero, in quanto sono tutti tram, filobus o autobus che viaggiano a biocarburanti. Tra i tram ce ne sono a sorpresa (almeno per un milanese come me) anche alcuni proprio dell’ATM di Milano, progettati nel 1928 dallo statunitense Peter Witt ed acquistati alcuni anni fa, dopo la loro dismissione nel comune lombardo, dalla San Francisco Market Street Railway.
Perché “un sogno in California”? Perché è come un sogno ad occhi aperti vedere certe pratiche virtuose nella patria della crescita a tutti i costi e dell’iper-consumismo, o perché un vero cambiamento (il famoso “change we need”) rimarrà per un po’ solo un bel sogno? Forse per entrambi questi motivi. Probabilmente sono solo uno snob europeo, ma dietro la facciata c’è bisogno di molto di più.
Dopo anni spesi nel mondo anglosassone, mi permetto con tutto il rispetto di dire che spesso per gli anglo-americani sembrano più importanti le apparenze che non la sostanza. E che da noi sta diventando quasi lo stesso.
Il fatto che anche le energie rinnovabili in America stiano diventando un (altro) enorme business, comunque, non penso debba essere visto necessariamente come un male. Forse è un primo passo verso una lentissima e graduale presa di coscienza dei propri limiti e delle proprie priorità da parte degli americani. Sta di fatto che il numero abnorme di senza tetto che si vedono per strada possono “sognare” un futuro migliore, se le nuove tecnologie creeranno come ha previsto Obama decine di migliaia di posti di lavoro.
Non intendo ovviamente dire che gli homeless di tutt’America possano diventare tecnici ambientali da un giorno all’altro, ma che iniziare ad orientare la sprecona mentalità americana verso concetti o, appunto, tecnologie che insegnino alle persone quanto utile, importante ed appagante sia il risparmio, il non-spreco, magari addirittura la frugalità (e non il contrario come è adesso), potrebbe avviare un circolo virtuoso che, negli anni, permetterà agli Stati Uniti di valorizzare al meglio ciò che ha: paesaggi stupendi, una gran quantità di risorse ed un popolo variegato composto perlopiù da persone meravigliose, seppur spesso non molto consapevoli.
Gli Usa e l’Italia sono probabilmente i Paesi del mondo industrializzato nei quali c’è più lavoro da fare, se si vuole cambiare davvero. Loro hanno un vantaggio: una classe politica che, almeno a parole, questo cambiamento lo vuole. Noi nemmeno quello. Loro hanno anche degli svantaggi, però, primo dei quali un sistema sanitario da resettare. C’è un grande dibattito in corso in America a riguardo; ci sono sempre più persone che chiedono “healthcare, not warfare!”, ossia più soldi alla sanità e meno alla guerra. E spero vivamente che questi milioni di persone che hanno iniziato ad aprire gli occhi abbiano presto la meglio. Perché se il sottoscritto, non essendo assicurato negli Stati Uniti, ha dovuto pagare 50 dollari (!) sei pastiglie per l’influenza prescritte da un amico medico locale, non voglio pensare a chi di amici e di soldi per essere assicurato non ne ha, nel momento in cui dovesse averne davvero bisogno.
Ambiente, società, istruzione, politica, energie, sanità, “difesa”… C’è davvero molto da fare, sia qui che oltre oceano. Soprattutto se si vuole essere legittimamente chiamati Paesi civili.
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