Circa due mesi fa le strade di Palermo erano invase di immondizia come accadde a Napoli l’anno passato. Uno scenario ormai consueto per la nostra Italia, la cui realtà lascia ben poco all’immaginazione: abitanti in rivolta, esercito in strada, i dipendenti dell’Amia (azienda dell’igiene ambientale) in stato di agitazione e tanto, molto caldo che ha reso ancor più tragico lo scenario appena descritto.
Niente è per caso, come sostiene un famoso detto, e viste le condizioni da tempo esistenti nella Regione c’era da aspettarsi, prima o poi, tale emergenza. Come spiega Salvatore Granata, segretario regionale di Legambiente Sicilia, “il Piano Regionale dei Rifiuti è stato orientato verso l’incenerimento dei rifiuti, dal momento che la capacità degli inceneritori superava il 100% della raccolta di rifiuti stimata in tutta l’isola. La gestione a livello di ambiti territoriali (Ato- ambiti Territoriali Ottimali che dovrebbero gestire i rifiuti nell’isola) si è rivelata inadeguata, incapace di avvicinare gli obiettivi di raccolta differenziata e condizionata da logiche politiche e clientelari che hanno fatto esplodere i costi rendendoli insostenibili.
Sebbene tra i cittadini della regione ci sia una sensibilità verso la riduzione dei rifiuti e la raccolta differenziata, i livelli di quest’ultima sono tra i più bassi del centro sud".
La malapolitica che accompagna le sorti dell’isola - purtroppo voluta spesso dai suoi stessi conterranei che eleggono e mandano al potere personaggi politici noti e famosi non certo per una politica all’insegna della legalità e dei comportamenti virtuosi - è certamente uno stimolo e un incoraggiamento in più verso tali direzioni!
Indi per cui a seguito di una serie di meccanismi e logiche politiche ben precise i siciliani pagano una tariffa di igiene ambientale elevata che non coincide con la quantità e la qualità dei rifiuti prodotta da ciascuna famiglia.
Perché allora questa crisi?
Come nel caso di Napoli, non è difficile comprendere quanto la gestione dei rifiuti sia altamente connessa a interessi economici legati alla gestione industriale dei rifiuti.
Gli Ato, ad esempio, sono una società per azioni i cui soci sono i sindaci dei vari territori che insieme eleggono un consiglio di amministrazione. Un’organizzazione di questo tipo non può effettuare un controllo reale delle società d’ambito e individuare in modo chiaro le diverse responsabilità politiche. La loro crisi deriva principalmente dai costi di gestione eccessivi dovuti da un’incapacità di gestione generale.
Secondo Salvatore Granata, “per rendere più funzionali queste entità non serve solo diminuirne il numero, ma è necessario dare nuove regole e stabilire il principio delle responsabilità, selezionare gli amministratori con procedure trasparenti in relazione alle diverse competenze”.
L’Amia, la municipalizzata di Palermo che adesso ha un debito di circa 150 milioni di euro, è stata denunciata dai suoi stessi dipendenti che hanno reso note le spese eccessive sostenute in passato dai dirigenti. La società ha partecipato ad un bando per la realizzazione della raccolta differenziata negli Emirati Arabi. Una partecipazione costata l’ira di Dio!
Basti pensare che sono state presentate ricevute da 400 euro per la cena di una singola persona e ricevute della stessa cifra per una singola notte in hotel accompagnate da altre richieste di rimborso relative all'affitto per un'ora di un'altra stanza nella stessa notte e nello stesso albergo di lusso.
Queste “spese pazze” dell'ex presidente del Cda dell’Amia e di altri ex dirigenti e consulenti, sono un chiaro resoconto della politica adottata dall’azienda.
Naturalmente a farne i conti e a “piangerne le conseguenze” sono alcuni cittadini e l’ambiente. Le due grandi realtà facili da sovrastare per mentalità e persone di un certo tipo, ma non per questo indifferenti e passivi allo scempio che questi individui provocano.
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