Il solo smantellamento di una centrale nucleare alla fine della sua vita operativa produce una quantità di scorie di quasi tre volte superiore a quella prodotta durante i 40 anni della sua attività.
Attualmente si è tentato di “neutralizzare” solamente le scorie meno pericolose, la cui radioattività rimane tale per periodi relativamente brevi nell’ordine dei 300 anni.
Nella maggior parte dei casi le scorie sono state stoccate all’interno di depositi di superficie, costituiti da trincee, tumuli, silos e sarcofaghi di calcestruzzo, più raramente si sono utilizzate alla bisogna cavità sotterranee e depositi geologici profondi.
Per mettere in sicurezza le scorie nucleari ad alta radioattività, minori quantitativamente ma enormemente più pericolose, in quanto fonti di radiazioni per periodi lunghissimi di tempo che arrivano ai 250.000 anni, fino ad oggi non è stato fatto assolutamente nulla, in quanto tutto il gotha della tecnologia mondiale ha dimostrato di non avere assolutamente né i mezzi né tanto meno le conoscenze tecnico/scientifiche per affrontare un problema che travalica di gran lunga le capacità operative degli esseri umani.
Solamente gli Stati Uniti, dove la situazione legata ai rifiuti radioattivi è particolarmente grave in virtù delle oltre 100 centrali nucleari e del pesante contributo dato a questo tipo d’inquinamento dall’industria degli armamenti, hanno deciso di procedere alla , ma tale scelta si sta rivelando estremamente complessa e scarsamente risolutiva.
Il Dipartimento dell’energia statunitense, per tentare di risolvere il problema delle scorie nucleari, consistente in circa 37 milioni di metri cubi di materiali radioattivi che giacciono stipati in depositi di fortuna sparsi nel paese, impiegherà dai 70 ai 100 anni, spendendo dai 200 ai 1000 miliardi di dollari. Il suo programma prevede di decontaminare le 10 principali aree inquinate del paese e di raccogliere il materiale radioattivo più pericoloso, disperso in svariati siti, per poi trasportarlo in un grande deposito sotterraneo adatto ad una sistemazione definitiva.
Il progetto dovrà superare difficoltà quanto mai ostiche, quali la decontaminazione di aree vastissime (grandi quasi quanto la Valle D’Aosta) trovare un sistema di trasporto sicuro che consenta di trasferire per migliaia di chilometri le scorie più pericolose e individuare una sistemazione che possa restare sicura per molte decine di migliaia di anni.
Solo per gli studi preliminari del terreno e il progetto sono stati spesi circa 8 miliardi di dollari e per la costruzione del deposito è previsto un esborso che supererà i 60 miliardi di dollari.
Il progetto colossale prevede lo scavo di una rete di tunnel sotterranei a spina di pesce della lunghezza di 80 km che correranno sotto la montagna alla profondità di 300 metri.
L’interno dei tunnel sarà composto da un materiale di acciaio inossidabile denominato “lega 22” protetto da un ombrello di titanio volto a costituire uno scudo antisgocciolamento che impedisca all’acqua d’infiltrarsi attraverso la volta delle gallerie. Dentro la montagna dovranno essere stivate 77.000 tonnellate di scorie radioattive che sono attualmente dislocate in 131 depositi distribuiti all’interno di ben 39 stati.
Per effettuare il trasporto saranno utilizzati 4600 fra treni ed autocarri che dovranno coprire centinaia di migliaia di chilometri attraversando 44 stati con a bordo materiale pericolosissimo. Le scorie nucleari verranno poi immagazzinate all’interno di 12.000 sfere container simili ai cassoni serbatoio dei camion cisterna. I container saranno a questo punto sigillati singolarmente ed allineati nelle viscere della montagna all’interno dei tunnel come fossero le perle di una collana.
Nelle intenzioni dei progettisti, dopo la conclusione dei lavori di scavo e preparazione del sito, prevista inizialmente per il 2010 ma già slittata al 2017, il deposito dovrebbe rimanere in attività per qualche decina di anni per poi essere chiuso permanentemente una volta completato il suo riempimento. Dopo la chiusura il deposito di Yucca Mountain dovrebbe impedire la migrazione delle scorie nell’ambiente in quantità significativa per un periodo di 10.000 anni.
Da parte di molti esperti è stata messa fortemente in dubbio l’opportunità di seppellire le scorie nucleari in maniera definitiva ed irreversibile con l’ausilio di una tecnologia come quella odierna scarsamente evoluta in materia e pertanto largamente soggetta ad errori di valutazione e di scelta, tanto dei materiali da impiegare quanto dei processi tecnologici da mettere in atto.
Altrettante perplessità riguardano il lasso temporale di 10.000 anni durante il quale le scorie nucleari dovrebbero rimanere in condizione di sicurezza nelle viscere del monte Yucca. La National Academy of Sciences e il National Research Council ritengono questa grandezza temporale del tutto insufficiente perché si possa parlare di “messa in sicurezza” di materiale radioattivo che rimarrà tale per centinaia di migliaia di anni. Proprio in virtù di queste osservazioni, la Corte d’Appello Federale ha recentemente stabilito che un sito destinato al seppellimento delle scorie nucleari deve dimostrare di potere accogliere in sicurezza le stesse per almeno 300.000 anni, fino al decadimento della loro radioattività.
Il deposito di Yucca Mountain oltre a non essere in grado di rispondere a questa necessità, pone anche una serie d’interrogativi correlati alla sua reale capacità di preservare il materiale radioattivo in sicurezza per 10.000 anni come previsto nel progetto. Recenti studi hanno infatti dimostrato come anche il modesto grado di umidità della zona (19 cm annui di pioggia) sia in grado di corrodere i contenitori delle scorie nel corso di un periodo temporalmente così significativo, con il risultato di trasportare la radioattività attraverso i sistemi irrigui ed i pozzi di acqua potabile della regione, bombardando in questa maniera ignare generazioni d’individui con rilevanti dosi di radioattività.
Un altro problema è determinato dal calore connaturato nei rifiuti nucleari stipati all’interno di una montagna in mancanza di sistemi di raffreddamento. Tale calore determinerà la formazione di vapore acqueo in grado di corrodere i contenitori o frantumare la roccia circostante, con gravi conseguenze per la sicurezza.
Nel corso del decadimento radioattivo le particelle altamente energetiche potrebbero inoltre interagire con i materiali circostanti, frantumandoli o provocando l’emissione d’idrogeno, innescando in questo modo la possibilità di esplosioni ed incendi.
Il trasporto al deposito di Yucca Mountain delle scorie sparse in ogni angolo del paese rappresenta inoltre uno degli aspetti più complessi dell’intero progetto. Non esistono al momento stime attendibili concernenti gli enormi costi di una simile operazione, così come non è ancora stato determinato il reale grado di rischio che la movimentazione comporterà per le popolazioni residenti nei territori attraversati dal trasporto. Si tratterà in ogni caso della più grande operazione logistica mai sperimentata prima dall’uomo, avente come oggetto materiale altamente pericoloso. Qualunque situazione di pericolo connessa ad eventuali incidenti, attentati terroristici, guasti dei mezzi preposti ad effettuare il trasporto, rischierebbe di creare una tragedia senza paragoni.
Come corollario a tutta questa lunga sequela di dubbi e problematiche che sta dividendo il mondo scientifico e politico americano, nella primavera del 2005 il Dipartimento dell’Energia statunitense ha denunciato forti sospetti concernenti una serie di gravi omissioni ed irregolarità compiute dai tecnici del servizio geologico, al fine di costruire in maniera fraudolenta elementi che confermassero la sicurezza del sito di Yucca Mountain. Tali sospetti ingenerati dal contenuto di alcune mail intercettate, hanno contribuito a creare nuove perplessità sulla reale affidabilità di un progetto che è già costato circa 8 miliardi di dollari, senza riuscire a proporsi con una qualche credibilità come risolutivo di un problema come quello delle scorie nucleari che ogni giorno che passa appare sempre più un rebus senza soluzione.
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